Giulio Busti e Franco Cocchi

"L’arte di Bernardini non parte dalla ceramica, ma ci arriva per una doppia via che sembra determinata dalla eclettica formazione di questo giovane artista. Da una parte, infatti, ha ben appreso il mestiere di conservatore di beni culturali che applica, innanzitutto, alla propria collezione delle ceramiche di Massimo Baldelli, suo zio materno; dall’altra, alla vocazione musicale che lo rende già esperto esecutore e compositore.[...]Non ha fatto in tempo, infatti, Massimo Baldelli a trasmettere al nipote gusto e tecnica che lo hanno reso protagonista per un cinquantennio della ceramica artistica dell’Alto Tevere umbro, ma è bastato ad Alessio frequentarne i luoghi e studiarne le opere per comprenderne le ragioni e imparare di nuovo. Da autodidatta la tecnica, ma da musicista il metodo. [...]Più complesso l’approccio alle superfici che mixano di prepotenza graffiti e ingobbi, smalti dai colori opachi, ma che virano rapidamente verso effetti "a buccia d'arancio" o colature di colori primari. Come ogni ceramista che si rispetti anche il nostro sperimenta nel proprio laboratorio-bottega, dove la ricerca è d’obbligo fino all’esaurimento. Un cumulo di prove di cottura popola, infatti, il suo studio dove si accumulano i risultati delle infinite combinazioni di smalti, terre e colori. Eredità del tardo Novecento nello smarrimento postbellico, la sperimentazione è rimasto uno dei pochi valori di riferimento dei ceramisti contemporanei, quasi che contasse più l’esercizio che l’opera d’arte o, perfino, che le due cose possano coincidere.

Alessio non si sottrae e, messa in conto anche la disinvoltura e l’efficacia con cui combina sopravvivenze del passato remoto e recente, si rivela un artista dei nostri tempi globalizzati e “liquidi”. Ci prova e lo fa come un artista moderno, “con l’urgenza di fare arte per dire a sé stesso o al mondo qualcosa” [...]"


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