Andrea Domenico Taricco


Andrea Domenico Taricco

I soggetti di Ambretta Rossi dilatano la componente spazio-temporale stravolgendo la realtà di riferimento per poi essere dilatati nel momento dell'esecuzione. Le ombre che avvolgono le figure e gli oggetti prolungano l'anima delle cose sulla concretezza del mondo contestualizzando la provenienza sostanziale di una fonte di luce. Questo processo creativo le consente di mettere in relazione il soggetto con l'osservatore mediante un ponte sensibile e metafisico attraverso il quale è possibile stabilire una connessione interiore. Si tratta di uno stilema compositivo che riflette il suo desiderio di interagire con le cose sino alla totale sublimazione e spersonalizzazione ideale. L'artista parte cioè da un grado di consapevolezza esecutiva atta a risvegliare il senso della memoria frammentata, del ricordo o della traccia sensoriale. In questo modo tutto ciò che rientra nella sfera del vissuto non viene cancellato: le sagome soccombono in nome di una memoria costituita fondamentalmente da involucri animici.

da Il Periodico d’Arte (giornale d’arte e cultura)

Queste informazioni ci consentono di entrare direttamente nel cuore della produzione dell’artista cremonese che indaga su paesaggi, su figurazioni, su particolari della realtà oggettiva, estrapolati dal contingente e sviluppati artisticamente attraverso il suo stile realizzativo che li proietta e li eternizza mediante la fugacità del materiale stesso. In altre parole i soggetti messi in campo dalla pittrice Rossi dilatano la componente spazio- temporale ovvero i caratteri stabili definiti dalla realtà stessa per poi essere dilatati nel momento dell’esecuzione. Questo corrisponde a fissare la struttura del soggetto secondo i canoni figurativi per poi essere sconvolti ed armonizzati dalla fugacità e del colore, dall’acquosità della tecnica che genera movimento così come dal senso chiaroscurale messo in campo dalle ombre proprie, da quelle riportate e dai riflessi che disincantano lo sguardo sino a proiettarlo in una dimensione parallela fatta essenzialmente di ombre. Operazione ricorrente che pone la nostra artista al limite di un criticismo esistenziale secondo il quale tutto ciò che esiste e che viene riportato nelle sue opere non tanto rientra nella concezione affettiva, mnemonica o riflessiva quanto nell’azione descrittiva di un momento fotografico riportato – congelato – dipinto ed eseguito seguendone gli sviluppi aprioristici che escludono passo dopo passo la realtà da cui erano derivati. Detto diversamente una volta scelta l’immagine da rappresentare che l’artista seleziona dal proprio bagaglio esistenziale che si tratti di una fotografia, del ritaglio di un giornale o di un ricordo personale la Rossi una volta fissatane l’essenza sul supporto ne dimentica l’origine ed elabora l’immagine autonomamente dal soggetto di partenza. Qui scatta l’operazione pittorica che contraddistingue il suo modus operandi mediante il quale attraverso la stesura dei colori, indipendentemente dalla tecnica utilizzata, ricrea il soggetto stesso interpretandone quei tratti che in lei avevano suscitato attenzione. Una volta rimossa la realtà di riferimento la Rossi gioca con i colori accentuando fauvisticamente il colore, la vibrazione, l’essenza, la natura stessa e le ombre entrano in campo come fattore vettoriale, dinamico, strutturale. Apparentemente questo aspetto accessorio, al limite di un decorativismo oggettuale che spinge lo sguardo del fruitore ad accettare l’opera come reale od almeno come derivazione di quella data realtà, diviene secondariamente il fine od elemento portante che contraddistingue il suo modo di intendere l’acquerello potandolo così a stilema compositivo strutturato. In altre parole sono proprio queste ombre che avvolgono le figure, gli oggetti, che prolungano l’anima delle cose sul terriccio sino a riflettere e contestualizzare la provenienza concreta di una fonte di luce che contrasta le zone d’ombra a mettere in relazione il soggetto con l’osservatore mediante un ponte sensibile e metafisico attraverso il quale è possibile stabilire una connessione interiore. In questa linea entriamo in quella sorta di onirismo pittorico che proprio le ombre attivano in chi guarda quasi risvegliandolo dall’incanto definito dall’identificazione, dalla personalizzazione così come dal desiderio di riconoscere nelle cose qualcosa di tangibile ma che alla fine si è rivelato effimero. Le ombre oniriche dell’artista rappresentano un salto quantico verso gli aspetti intimistici dell’osservatore con il quale comunica attraverso i sensi ed in questo sottile passaggio avviene la metamorfosi dalla realtà da cui eravamo partiti all’onirismo appunto in cui siamo piombati. Ombre sensibili che destrutturano l’esistente in nome di qualcosa di più profondo.

Dalla brochure per la personale “Le ombre oniriche dei sensi” 10 gennaio 2020


Scopri di più