Dario Orphee

Torniamo con la mente alla fine degli anni 80 e l'inizio dei 90 e mettiamo sempre nella nostra mente la figura di una ragazza mora innamorata dell'arte che è costretta a spostarsi con la propria famiglia, dalla terra in cui vorrebbe vivere verso quella in cui deve sopravvivere. Una ragazza sensibile, che viaggia in compagnia del suo taccuino, nel quale schizza malinconia dai toni scuri, che sognano luci calde, verdi arbusti spume del mare. Poi, pensiamo alla Germania industriale, a cavallo tra il muro ed il suo abbattimento. Le pitture di Amelia Russello qui esposte, però, di ciò che è scritto sopra hanno poco. O, forse, tutto. Perché esse rappresentano l'approdo ad una maturità artistica che, rimodulando le malinconie passate, è giunta finalmente alla sicurezza, alla abbattimento di un muro che separa le differenze come il punto di arrivo, tanto immaginato, di un migrante che desidera soltanto sopravvivere. Ecco la domanda migriamo tutti ma sappiamo quando ritorneremo a noi stessi?

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