Carla D'aquino

LIRICO SOGNO NELL’INCANTO DEL REALE Una fuga all’orizzonte, tra filari di alberi immersi in una luce avvolgente: una meta lontana dove puntare. Molti dipinti del maestro Antonio D’Antini hanno questo tema. Talora ad avventurarsi verso l’infinito è la visione di cieli pregni di nuvole, talaltra le armonie della natura che appaiono tra oniriche forme, che rendono ancora più surreali i paesaggi, mentre l’immagine di un uomo solitario che riposa, diviene metafora di una riflessione esistenziale che si libera con l’afflato dell’universo in un infinito cielo. Ecco che allora, la splendida pittura di Antonio D’Antini ha un che di trasognato e fiabesco: ci accompagna con discrezione, aprendoci nuovi orizzonti alla vita. Tutto paradossalmente scavalca le nuvole, tra immense distese di cielo, come se i paesaggi cosmici fossero voli dell’anima. Come non seguire, idealmente questo viaggio utopico del pensiero? Metafore, ma vorrei dire apologhi morali che rivelano aspetti formalistici e psicologici dell’uomo nel perenne divenire delle cose. Così, la tensione verso il sogno e la poesia in un’evasione spirituale è coinvolgente. Da Magritte a Dalì, quindi, il mondo evocativo e surreale di Antonio D’Antini riesce mirabilmente a coniugare la sua fuga onirica con una sorta di estrema lucidità, dove i quadri della memoria si abbandonano alle forze dell’inconscio e del sogno che percorrono i meandri della sua dimora esistenziale, mentre poeticamente la figura della donna appare come visione in un arcano da svelare nel mistero della vita. In tal modo, la prospettiva spaziale che Antonio D’Antini attua è un elemento mobile e fantastico che supera i parametri rinascimentali: essa lievita nella mente, come se nascesse da un’ottica surreale, utopicamente allungata, dove affiorano tra le raffinate tonalità di un caldo cromatismo dei gialli solari, verdi muschiati, gli ocra sabbiosi ed intensi azzurri, simboli archetipi del sogno, del vagheggiamento e dell’irrealtà. Ecco perché, i soggetti rappresentati appartengono alla poetica dell’immaginario, mentre le visioni si dilatano, aprendosi ad una sovrana limpidezza intellettuale nella simbolica trasfigurazione del reale, in cui aleggia un clima silente e magica poesia. Sta qui la ragione del fascino, davvero unico, nei dipinti del maestro Antonio D’Antini: il perfetto connubio tra razionalità e sentimento delle cose, astrazione e realtà, dove la convergenza di fattori che si rivelano apparentemente opposti creano una nuova “realtà irreale”. Alla fine, l’armonia totale tra forme e colori delle vedute trasognate ci trasporta lontano nell’avventura di un viaggio utopico del pensiero, mentre la terra offre pietre preziose illuminate in uno scrigno di sogni. Si rimane attoniti, presi da calde visioni in una luminosità avvolgente, così limpide che rimandano ad una finissima lettura simbolica, tra ambiguità ed incoerenze dell’odierna società: l’arte si fa messaggio di valori e sentimenti. Carla d’Aquino Mineo
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