Fabio Flego

Dal catalogo ‘Cromatiche veline’, Ed. Brigata del Leoncino, 2014.

 Domenico Asmone, da autodidatta, muove i suoi primi passi nell’arte come pittore figurativo di nature morte, ma già vive nel loro spiccato colorismo, e soprattutto di paesaggi toscani, rustici e urbani, luminosi e oggettivi, in sintonia con la tradizione artistica pistoiese, avendo fatto di Pistoia la sua città d’adozione e d’elezione.

Nel tempo avverte, tuttavia, «la necessità di dover strutturare la figurazione del reale in qualcosa che non sia il reale, ma ciò che esso più intimamente esprime», e sviluppa una sua, perché l’arte è e resta un fatto privato, originale poetica artistica, esplorando nuove possibilità espressive sempre più soggettive, anche quando si resti nell’ambito dei paesaggi cromatici.

Approda così a un informale puro di grandi dimensioni e a un cromatismo materico determinato da colpi di spatola decisi e taglienti a definire le tessere di un mosaico per lo più, ma non sempre, monocromo (significativi i titoli che accostano la voce cromatico al colore dominante: dal rosso al verde, al blu all’ocra…), dove l’osservatore è invitato non alla semplice lettura, ma alla conduzione e al completamento dell’idea, che sottende l’opera nel suo materializzarsi, divenendo così fruitore attivo di un’epifanica rivelazione.

Quell’idea asmoniana (dal gr. idéa, ‘‘aspetto, forma, apparenza’’, dal tema di idein, ‘‘vedere’’) intesa come entità mentale o contenuto del pensiero, che si fa immagine, forma visibile del percepire e sentire per la sua consistenza anche fisica, materiale. E l’idea è quella che «dalla casualità di partenza – come afferma lui stesso – arriva alla causalità del necessario», cioè all’opera finita – sia essa un collage, una tempera, u olio – dove tutto parla di quell’autonoma cromaticità che Michael Musone legge come metafora per il microcosmo dell’uomo o simbolo, parziale, dal macrocosmo dell’universo. «Insomma – per dirla con Ugo Barlozzetti – Asmone ha inventato una ‘‘macchina’’ per viaggiare nel tempo e nello spazio per chi la sappia avviare».

La ricerca di Asmone prende dunque avvio e si sviluppa in una zona liminale ricorrendo ad un approccio multisensoriale che implica «visibilità rapita ‘‘aggressivamente’’; tatto empaticamente sedotto; udito sollecitato dalla sonorità cromatica e dalla gestualità segnica; olfatto induttivamente coinvolto per il ‘‘profumo’’ di colori estivi e squillanti; gusto indotto a registrare, per accordo, la ‘‘fragranza’’ della materia corposa presente» (dal testo Istinto e vocazione, Siliano Simoncini, 2012, n.d.r.), attivando meccanismi di interazione sinestetici nella percezione del reale e dell’irreale.

Ne sono una riprova questi Paesaggi Cromatici (il titolo è quasi sempre quello) – per tornare, se vogliamo, al punto di partenza, ma sempre in un crescendo artisticamente emotivo – che illuminano la Sala Consiliare del Comune di Piteglio.

Asmone si era già confrontato, in passato, con la tecnica del collage tradizionale di incollare su un fondo frammenti di carta colorata o materiali diversi per ottenere effetti più o meno efficaci che rispondessero all’esigenza dell’attimo e assecondassero il pensiero fuggente. Ma dal 2009, assistiamo alla sperimentazione sempre più decisa dell’uso delle carte monocromatiche che, nel 2010, aboliti definitivamente il segno e il colore che in lui, si direbbe, essere tutto, si lasceranno manipolare in uno straordinario «sapiente lavoro di accostamenti e di sovrapposizioni che costituiscono le luci e le ombre, le forme e gli spessori» innovativi e autonomi. Queste veline o carte di riso degli anni 2012-13, cromaticamente rosee nella diafanicità che le definisce, non sono più, nella loro pura essenza, un déjà vu di Paesaggi Cromatici, ma si fanno Paesaggi Mentali. Qui Asmone compie delle vere e proprie alchimie nella stratificazione delle stesure con cui raggiunge preziose trasparenze e raffinate contaminazioni, come se quei luoghi, in cui confluiscono con romantica e impetuosa naturalezza, umori, ironia, moralità e fantasie di tobiniana memoria, si perdessero in un astrattismo geometrico impalpabile, inconsistente.[…]

 

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