Siliano Simoncini

Accordi e dissonanze- sonorità cromatiche -

dal catalogo Cromatici, accordi e dissonanze, Edizioni Gli Ori, 2016

La cultura artistica attuale è simile a un labirinto multiforme e l’eclettismo domina. La storia insegna che quando si presentano le crisi nazionali, o in questo caso internazionali, i riferimenti “canonici” - i cosiddetti valori persistenti - sono lasciati in letargo, avviene che nel meandro ci perdiamo davvero. Così oggi la filosofia ha il pensiero debole (Gianni Vattimo), la società è liquida (Zygmunt Bauman) e a più di trent’anni dall’avvento della cultura Post-moderna (Jean-Francois Lyotard) Carlo Bordoni scrive che, dopo le molte aspettative, noi viviamo un presente senza nome. Lo smarrimento è tale che non riusciamo più a dimorare in noi stessi e la necessità essenziale è quella di ritrovare altrove quando è stato “perduto”. Infatti, già si diceva che il post moderno preludeva al pre-romanticismo ed è per questo, che i revival, le contaminazioni, lo sperimentalismo utopico, sono divenuti il riferimento ineludibile. È il nostro tempo, né peggiore né migliore di altri, e l’arte può contribuire a traghettarci in un futuro prossimo nel quale il nome possa qualificarsi con un sostantivo identitario.

Dovendo dedurre da ciò come oggi si orientano gli artisti, si può apprendere visitando la Biennale Veneziana, Arte fiera a Bologna e le mostre sul contemporaneo, per esempio, organizzate quest’anno a Firenze: Jean Fabre e Ai Weiwei. In queste sedi “ufficiali” dell’esperienza artistica contemporanea, infatti, gli orientamenti cui accennavo sono ben riconoscibili: nelle prime due prevalgono revival e contaminazione, mentre lo sperimentalismo utopico emerge nell’ultima.

Questa premessa ovviamente ha un fine: specificare al meglio come l’esperienza artistica di Domenico Asmone si sia formata e come stia procedendo, rispetto alle personali riflessioni estetico-linguistiche sulla cultura del momento e sul sistema preposto ad accogliere il frutto della creatività.

La mostra presenta una serie di dipinti realizzati quest’anno: per Domenico un periodo molto intenso e proficuo di buoni risultati, poiché ha potuto usufruire di uno studio ampio fuori dalla propria abitazione ed è anche riuscito a ritagliarsi il tempo necessario per realizzare una quantità notevole di opere. Lo spazio nuovo gli ha consentito di lavorare a opere più grandi e impegnative, come di riappropriarsi dello stile e della poetica a lui più consoni - astratto informale - e che meglio lo identifica come artista. Come dicevo nella premessa, anche Domenico ha fatto i conti con il revival e la citazione prendendo a riferimento il periodo degli anni ‘50/’60, in particolare, per l’uso della spatola al posto del pennello, l’informale di Sergio Scatizzi e Ennio Morlotti. Cosa singolare però, è che egli è riuscito a rigenerarne la funzione semantica e, soprattutto, la finalità estetica. Infatti, i due noti artisti - il toscano Scatizzi e il lombardo Morlotti - impegnati nella transizione dal figurativo all’astratto, ebbero sempre come riferimento la realtà: il paesaggio, la natura morta, il fogliame, e anche il colore era collegato alla peculiarità dei soggetti. Per Asmone invece, lo stile caratterizzato dalla stesura del pigmento con la spatola, si qualifica per altri motivi che per me astraggono completamente dalla realtà. Il suo attuale ciclo pittorico in effetti, si può, a buona ragione - e ne valuteremo il perché - relazionarlo con la musica. Quando ho visto le opere, vuoi per il ritmo della composizione quanto per il colore “sonoro”, ho immediatamente provato delle sensazioni sinestesiche. Forma e colore si presentavano ai miei occhi come il risultato di partiture in accordo armonico o dissonante, proprio come se “ascoltassi” la pittura.

Nel 1912 W.Kandinskij nel suo Lo spirituale nell’arte, scriveva: (..) puro suono della parola priva di ogni funzione denotativa - puro suono della forma musicale priva di qualsiasi funzione descrittiva - puro suono degli elementi pittorici svincolati da qualsiasi necessità mimetica e rappresentativa. Con questo passo possiamo comprendere come l’artista russo abbia dato inizio all’autoreferenzialità del linguaggio, svincolandolo sia dal soggetto quanto dai substrati del significato. Così per l’arte astratta, che da lui ebbe la propria epifania, l’azzeramento di quanto fino a quel momento era stato fatto nelle arti visive intraprese il cammino per giungere fino a noi, e ben sappiamo quanto straordinario ne sia stato l’esito.

La musica va oltre le idee, rappresenta l’essenza della realtà. Questo è quanto affermava Schopenhauer ne: Il mondo come volontà e rappresentazione pubblicato nel 1819. Ebbene Kandinskij, volle trasferire nel linguaggio della pittura il significato profondo di quest’affermazione chiave per il futuro dell’arte.

Domenico Asmone dunque, riprende questo percorso e corroborandolo con uno scrupoloso studio dell’Arte del colore di Johannes Itten (pubblicato nel 1961 ma frutto della sua esperienza d’insegnante alla Bauhaus negli anni ’20) è riuscito nell’intento cui accennavo: ovvero, rendere “sonori” i suoi quadri.

Le opere scelte per questa mostra sono state suddivise in quattro “partiture” che hanno rispettato la monotematicità della ricerca. Infatti, Asmone titola di solito i suoi quadri cromatico e a seguire, il nome del colore dominante nel dipinto; in conseguenza ecco l’ordine della mia proposta: cromatici - profili cromatici - frammenti cromatici - materia cromatica -

Cromatici, vuole significare che un colore è prioritario sugli altri; infatti, il registro della tinta può riverberare in rosso, in grigio, in giallo, in blu, però sempre integrato dal gradiente di luminosità, dal complementare, dal nero o dal bianco e dal contrasto di tono caldo/freddo. Tale peculiarità, non presente in contemporanea in tutte le opere ma singolarmente, questo è scontato. Detto ciò, il riferimento sonoro va ai singoli strumenti di un’orchestra, sull’esempio proposto da Kandinskij quando pensava di tradurre in forme e colori, il Lohengrin di Wagner e a tal fine propose questi abbinamenti tra colore e strumento: giallo/tromba, fanfara - azzurro/flauto - rosso/tuba - arancione/ contralto, campana - verde/violino - viola/ corno, fagotto, zampogna - Blu/violoncello - grigio (equivale al verde ma sfumato) /violino senza movimento - bianco/pausa breve/lunga - nero/silenzio profondo. Così, guardando le opere di questa sezione, possiamo - parafrasando l’idea kandiskijana - prendere contatto con la caratteristica delle singole “sonorità” e, al contempo, apprezzare la pertinenza estetica del dipinto rispetto all’organizzazione compositiva.

Con profili cromatici ha inizio per l’artista un percorso che lo conduce nella profondità della “concertazione”; ovvero, la suddivisione dello spazio orizzontale: basso come “corpo orchestrale” e alto, come “ritmo” costante o leggermente variato, se la mia interpretazione è condivisa, non può che essere avvertita come la necessità di vedere applicato, in un sistema di accordi armonici o dissonanti, il presupposto “polifonico” della composizione. Una risposta di poetica molto esplicita da parte di Asmone rispetto a quanto il sottoscritto sosteneva nella premessa: citazione sì, ma rigenerata e resa autonoma.

I quadri di frammenti cromatici, a mio avviso invece, si possono “ascoltare” come delle suite (successione) oppure della sua variante chiamata ordre (ordine). Ovvero, diversi colori/suoni emessi in sequenza, oppure in serie con movimenti (tempi), alla stregua della musica barocca: adagio, andante, allegro…ecc. ma in un'unica tonalità e quindi con uno stesso colore modulato. Asmone, in questo caso, dà sicuramente delle risposte pittoriche di destrutturazione compositiva, però riuscendo - con perizia pittorica - a tenerne “legati” in un sistema virtuoso i singoli elementi.

Le opere selezionate per la categoria materia cromatica, appartengono a un’esperienza il cui recupero storico va sempre allo stesso periodo e in particolare all’informale materico: Alberto Burri e Antonio Tapies, su tutti. In questi dipinti, Domenico usa il pigmento miscelandolo con la sabbia, per cui gli esiti estetici sono molto “terrigni” e in conseguenza - si potrebbe pensare - scarsamente sinestesici rispetto al rapporto colore/suono. In questo caso però, sosterrei la tesi che sia la musica sperimentale a venire in aiuto. Tale esperienza, che si fa risalire agli anni ’50, (si noti la correlazione con l’arte dello stesso periodo presa in considerazione dal nostro artista) e il cui esponente tra i più significativi è stato John Cage, prevedeva partiture dai risultati imprevedibili e dalle dissonanze più esasperate. Per Asmone stendere con la spatola il pigmento senza additivi, gli richiede un minimo sforzo perché la tinta può scorrere fluida seguendo il gesto ma insieme alla sabbia, il colore ha maggiore difficoltà a fluire; tanto è vero che anche al solo pensarci si ha la sensazione dello “stridere” dei granelli e in conseguenza, si attiva una correlazione emotiva che ci fa “sentire” il colore come “salato” e “secco”. Allora, se queste mie considerazioni non sono ritenute congruenti con la tesi sinora sostenuta porto, a testimoniarne la ragione, gli stessi dipinti. Fissateli attentamente, e con la fovea mettete a fuoco le particelle che ne definiscono le singole quantità materiche e avrete la sensazione di provare una sinestesia ben diversa da quella delle opere descritte in precedenza. Una “sonorità” altra, appartenente più alla musica di cui facevo cenno.

Con questa mostra, Domenico Asmone non soltanto offre una testimonianza significativa di quanto l’arte a Pistoia sia diversificata e ricca di sorprese ma, oltre a far riflettere i suoi estimatori sulla buona qualità e lo sviluppo della poetica, altresì - almeno questo è quanto auspico - deve sollecitare lo stesso artista su come procedere per incrementare gli esiti di questo proficuo momento.


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