EMILIANO D'ANGELO

Come paesaggista, Guida è un cercatore di perle su fondali vischiosi e opalescenti:
cattura angoli remoti di paradiso che si ergono tra i mille inferni della contemporaneità e della devastazione industriale. Non usa dipingere en plein air, ma trattiene le immagini delle cose ben vive nella mente, riservando un?attenzione privilegiata agli scorci lacustri, ai riverberi luminosi, alle trasparenze marine. A volte, mi ha confessato, interviene sulla realtà di ciò che intende rappresentare con piccoli ritocchi ?correttivi?, come uno Zeus armato di pennello che si diverta a riplasmare il mondo per renderlo più accogliente. Ama i formati piccoli perché è un poeta dell?intimità, perché ha quel pudore verso la bellezza che solo uno statuto emozionale severo e pacato, aperto al sacro eppure scevro da ogni dogmatismo, gli consente di coltivare.
Come pittore religioso, Guida rifugge da ogni retorica, optando per un simbolismo quasi sussurrato, domestico, desunto dalla quotidianità. Aggira l?iconografia tradizionale, ma senza pretese di anticonformismo. Il sacro è nelle cose, sembra volerci dire: tra dipingere, pregare, esercitare lo sguardo, non c?è differenza ma continuità? Come non c?è differenza tra i due comparti tematici della sua pittura, al di là delle nomenclature e delle convenzioni accademiche: ogni cosa scaturisce dalla luce e dal colore; l?immagine di un corso d?acqua, un vaso, un volto, il volo radente di una farfalla (simbolo di metamorfosi e trasfigurazione, di slancio verticale, di afflato all?incorporeità) possono attingere lo stesso grado di ?sacralità? di un?icona votiva. Ciò che a un occhio abbagliato dal frastuono della modernità a volte può sfuggire, qui si dipana con levità e saggezza?
                                                                  Emiliano D?Angelo
                                                                    (critico d?arte)
 

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