Giuseppe Siano

ENZO MARINO: PERFORMER DEI TEMPI MITICI

Enzo Marino costruisce il proprio spazio pittorico con le stesse motivazioni di quegli esploratori teatrali di alcuni decenni fa. Era il periodo in cui si ricercava un oltre – sia in senso metaforico che in quello <<reale>> -, per una spazialità che diventasse ambiente entro cui fare una esperienza cognitiva dell’essere – Sì, era proprio quel vecchio essere della unitarietà e della infinitezza ( o finitezza ) filosofica che incominciava a trasformarsi e a proporsi come sistema vivente. Esso stava perdendo il luogo statuario della propria organizzazione monolitica nelle pertinenze concettuali, per l’affiorare di teorie che si rivolgevano a percorsi cognitivi variabili e consideravano l’esistente1 come aggregato di tanti Io. 

Si può paragonare, pertanto, il nostro Artista visivo ad un performer che ama la partenza e si mette in viaggio per mostrare e raccontare al momento il proprio dispositivo simbolico allo spettatore. Il suo narrar-si avviene attraverso la ricerca dei tempi mitici della nostra attualità; non a caso, si sa, che è proprio nel campo percettivo-temporale dell’hic et nunc il luogo dove dapprima si evocano le vecchie forme di rappresentazione per precipitarle poi in <<nuovi>> processi connettivo-cognitivi2, come quelli attuali auto-referenti e auto-costruenti3.

Appaiono così le strutture mentali di nuove teorie che aiutano il <<vecchio essere>> a meglio <<interpretare>> i propri comuni processi mentali e a <<riconoscer-si>> nel mondo coevo.

Il nostro Autore, quasi fosse un ricercatore-antropologo dell’immaginazione umana, raccoglie tutto: dai reperti dei fossili delle caverne, ai graffiti, alle divinità ed agli orpelli simbolici della mitologia italica e greco-romana con quelli dei popoli nordici, ai simboli allegorici derivanti dalle transcodificazioni delle parabole dei cristiani… fino ai paradigmi nel senso proprio etim. di paradeigma = modello] che si trovano in uso nelle psicologie dei symbol dei nostri sistemi comunicativi di massa.

Enzo Marino diviene, così, viaggiatore e messo del nostro sistema cognitivo-connettivo contemporaneo.

Egli traccia le proprie mappe visive4 disseminando lo spazio pittorico dei reperti iconografici. Questi si connettono o si stratificano in sovrapposizioni di messaggi simbolici, attraverso l’uso di strutture analogiche, che ci permettono di ripercorrere qui ed ora la storia evolutiva dell’umanità fino a disvelare l’uso personale di quei simboli a fondamento di un <<possibile>> percorso di unitarietà e di omologia culturale evidenziato dall’artista.

Non a caso egli riconosce, coglie ed infine sovrappone a quegli elementi iconografici altri suoi elementi iconografici, su cui si fondano i suoi idioletti [etim. ìdios = proprio, personale: légein = parlare] rappresentativi; in questo modo egli traccia la sua mappa cognitiva disvelando il suo percorso simbolico, che desidera più aderente ai nuovi e più frequenti simboli della vita quotidiana, ma che evidenzia la derivazione transitiva che dal passato giunge fino a noi.

Potremmo, pertanto, affermare che egli si pone anche da una prospettiva di una <<cosa senziente>>; sembra quasi che analizzi, da stoico, lo scorrere della vita e osservi come nel contemporaneo si presenta questo <<sentirsi neutro sui corpi>> e delle <<cose>> rappresentate5.

La sua prospettiva è neutra. Osserva il mondo dall’ottica eterofenomenologica: ovvero esplora il mito o le forme delle sue rappresentazioni attraverso la sua coscienza: ma si serve inoltre di un sentiero neutrale che induce il nostro sguardo a essere più completo di informazioni e a comprendere le attuali modificazioni della nostra percezione, mente e cognitività connettiva col volgersi <<dalla scienza fisica oggettiva, e dalla sua insistenza sulla prospettiva in terza persona, ad un metodo per la descrizione fenomenologica che può (in linea di principio) rendere giustizia delle esperienze soggettive più private e ineffabili pur senza mai abbandonare gli scrupoli metodologici della scienza>>6.

Ecco come nelle opere di questo artista l’esibizione coeva dei miti, in atteggiamenti e pose di divinità atletiche, evocanti i miti arcaici, si confondono e si modellano su fatti ed elementi rituali che Marino prende dalla vita quotidiana. La riduzione dell’essere a <<cose>> svela i neoelementi tribali delle figure evocate e pone l’accento antropologico sul villaggio globale7 contemporaneo. I miti non sono più arcaismi trapiantati nel nostro tempo, ma esprimono la neotribalità dell’essere cosa. Evento questo che appare evidente solo con un osservare dall’esterno il proprio sistema evolutivo-cognitivo. Esso induce l’artista o l’osservatore oltre a connettere e a far circolare il pensiero in una nuova estetica fisico, cognitiva-simbolica e cibernetica ad allargare la sua area d’azione col sovrapporre le architetture e i segni informativi giusto per evidenziare il tracciato di una possibile mappa dell’evoluzione antropologica.

Sembra che la poetica di Enzo Marino voglia proprio sottolineare le differenze di questo passaggio da una artisticità metafisica – che vive della opposizione al mondo fisico – a quella evolutiva-antropologica, che coinvolge le nuove scienze fisico-biologico-cognitive e tende a sottolineare non l’opposizione dei termini ma la coevoluzione di strutture e sistemi mentali. I miti sono raccolti e connessi non da una mente oppositiva che ne vuole ripercorrere la storia, ma da una mente accogliente che stringe relazioni e trova connessioni per scrivere una storia universale che tratta principalmente dell'evoluzione conoscitiva per giungere alla concordanza di tutta l'umanità.

Ecco come la pittura di questo Artista accoglie e manda assieme i miti del nord come quelli del sud dell’Europa, in una sorta di integrazione simbolica-rappresentativa atta a descrivere una mappa evolutiva comune a tutti questi popoli di cultura apparentemente diversa.

La sua ricerca si svolgerebbe, così, verso un neoumanesimo in cui sia la cultura alta che quella bassa partecipano allo sviluppo psicologico-individuale e sociale del pensiero umano i cui fondamenti cognitivi, sappiamo, affondano nel radicamento biologico.

La cultura, qui presa nel suo complesso, interagisce, poi, fisicamente e spiritualmente, dalle più profonde divisioni d’infinitesimalità atomali coi medium o agenti percettivi vivi e vitali nel qui ed ora e ne disegna mappe cognitive, attraverso cui l’umanità stessa facendo circolare il proprio sapere costituisce le proprie e consone strutture comunicative nei vari transiti epocali d’essere: proprio perché le recenti scoperte ci portano a considerare tutto il mondo come impregnato di atomi e che questo, nel suo variegato manifestarsi, è contemporaneamente fisico e spirituale.

Sembra evidente ed importante a questo punto ricordare che, anche per il nostro Artista – come per gli scienziati -, la natura di cui questo nostro mondo è composto appare senz’altro di sostanza mentale.

Diventano chiare, pertanto, le relazioni e le mappe disegnate dai percorsi dei messaggi cognitivi contemporanei che fanno tracciare queste connessioni nel sistema rappresentativo di Marino. Solo così è possibile attraversare e gustare quei suoi frammenti di miti arcaici che si incontrano e interagiscono con elementi feticisti di oggetti coevi e come vengono, tutti, ritratti assieme e sono compartecipi nel rivelare le relazioni metaforiche e architettoniche di un sistema di pensiero che si esprime attraverso l’osservarsi della <<cosa fuori di sé>>, in una corporeità vissuta come entità organica e distaccata dal proprio procedere coscienziale-cognitivo. Tutto ciò è evidente nella manifestazione della sua poetica di riscrittore in un neologismo e in una nuova ritualità di quelle tracce, che rimaste nel nostro pensiero, rimandano ai simboli di una arcaicità che egli ricostruisce nel qui ed ora in mappe cognitive.

Appare evidente ora come anche il mondo dell’arte, con Marino, cerca, nella rappresentazione, di rinvenire una nuova mitologia adattabile al nostro sistema cognitivo coevo.

Lo sforzo del nostro Autore rivela questa tensione.

Le stesse sue tecniche rappresentative vogliono cogliere il passaggio – tutto contemporaneo a questo stato di aggregazione atomale dell’essere. Esse tendono ad evidenziare più il pigmento colorico a scapito dei volumi delle <<cose>>.

Le sue forme si presentano alla nostra esperienza come se somigliassero all’osservare l’epidermide del corpo umano fibrillato da un potente microscopio elettronico, fino a giungere alla soglia in cui tra superficie, colore di fondo e contorni del corpo c’è soltanto una diversa combinazione atomale.

Proprio per questo, in Marino, la stesura del colore sulla tela si connette e richiama quella immagine che si forma sullo schermo per il combinarsi dei pixel nella televisione. I suoi <<oggetti mentali>> si fissano sullo schermo della tela solo per un attimo e per aggregazione di trame coloriche larghe o strette attenute dal passaggio dei sui rulli.

Tra fondo e oggetto non c’è alcuna differenza: tutto è solo questione di aggregazione di pigmenti, di combinazione atomale, di pixel che delimitano la superficie ed i contorni.

La materia di tutto il suo mondo rappresentativo, proprio perché è composta di tutte quelle trame di colore che si librano senza la pesantezza della corporeità nel campo percettivo del quadro, ci rende

finalmente palese come le forme che da essa prendono corpo (e di cui essa è composta) è prevalentemente di sostanza mentale8.

Le sue opere appaiono, così, alla nostra percezione mentre costruiscono forme e reticoli di conoscenze.

Antropologia, mitologia, la scienza dell’atomalità sono per un verso il principale supporto teoretico alla poetica e, dall’altra, nel <<fare>> artistico, vi è l’assunzione di costrutti di forme in bidimensionalità di masse volumetriche frontali molto appiattite verso il simbolico primitivo – specie per questa sorte di schiacciamento delle figure <<rappresentate>> e passate come in-formazioni – e che servono, tutte, a Marino, per descrivere questa nuova condizione dell’essere tendente alla neo-tribalità elettronica…

La finalità della sua <<poetica>> si indirizza proprio verso il disvelamento di questa verità propugnata più dalla scienza contemporanea che dalla religione: il rilevarci che oggi tutti noi siamo chipe che partecipiamo ad una grande rete comunicazionale dove transitano le in-formazioni di una Grande Mente9.

Egli, come noi, ha visto cadere anche nel mondo dell’arte la rappresentazione come azione fondamentale una sempre più improbabile ir-realtà visiva e le barriere tra il mondo esterno ed il mondo interno.

Ora ci è rimasto un campo percettivo entro cui l’essere transita e fa esperienza per una azione introiettiva del mondo esterno che in-forma10 l’essere sul proprio procedere cognitivo. Si perdono, pertanto, le staticità dei valori nazionali e si acquisiscono i poteri del riconoscere i <<sistemi>> del procedere mentale.

Si mette così in moto una sorta di sostanzializzazione ed oggettivazione del pensiero che travalica gli esseri ed ha indotto a credere – su fondate basi scientifiche – che tutto il mondo sia costituito di sostanza mentale; riconoscere ciò porta a credere che tutte le <<cose>> filosofiche, che prima erano, si stanno trasformando, per un’azione virtualizzante, in <<oggetti di conoscenza>> per l’azione dell’autopoiesi; e che l’artistico è una delle forme riflessivo-cognitive attraverso cui si manifesta questo nuovo procedere.

E questi sono solo alcuni dei segnali che evidenziano il passaggio in nuove forme artistiche coeve di questo nostro <<sentire biologico>> della cognizione, che Enzo Marino vuol raccordare per mostrarci anche nel campo dell’arte la evoluzione nei nostri passaggi d’essere contemporanei.

                                                                                                           Giuseppe Siano

                                                                                  Professore collaboratore alla Cattedra di Estetica 

                                                                                                    Università di Salerno - Italia


NOTE

1 Cfr. G. BATESON, Verso una ecologia della mente. Milano, Adelphi, 1976, e M. MINSKY, La società della mente, Milano, Adelphi. 1989.

2 Il sistema cognitivo-connettivo è più ampio rispetto a quello a cui gli psicologi e studiosi cognitivi fanno riferimento. Infatti, non solo ci si riporta alle teorie cognitiviste le cui ricerche tendono a fornire i modelli meccanici delle strutture cerebrali [non a caso ad esempio comprendere un qualsiasi comportamento intelligente per i cognitivisti significa fornire anche un modello meccanico di come funziona la struttura cerebrale e mentale che presiede l’attuazione ], ma a questi modelli vanno anche correlati i percorsi mentali associativi, fenomenologici, produttrici di verità particolari di esperienze-conoscenze. Ecco accanto ai percorsi psicologici riferiti allo stimolo-risposta vi siano parametri astratti  come ad esempio la nozione di internazionalit ] e connessioni soggettive, che si manifestano nell’hic et nunc dalle connessioni, che sorgono dall’interazione del corpo-percettore col campo percettivo.

3 Il riferimento alla teoria dei sistemi autopoietici di Maturana e Varela è palese. Essi modificando alcune attuali nozioni biologiche, hanno iniziato a costruire <<una biologia sistematica e teorica che tenta di definire i sistemi viventi non per come essi sono oggetto di osservazione e di descrizione di unità dell’esterno, e neanche come sistemi interagenti, ma come unità auto-contenute il cui unico riferimento è verso se stesse>>, in effetti essi si presentano <<come sistemi chiusi, autonomi, auto-referenti e auto-costruentesi>> la cui organizzazione struttura le relazioni che danno come risultante la definizione di un sistema come unità. Il sistema autopoietico è proprio quel sistema di relazione che viene posto, quindi, tra una entità e l’osservatore che la riconosce come unità. Questa tesi si ricollega all’altra rilevante, dei nostri due autori, che consiste nell’osservare la cognizione come un fenomeno biologico. La cognizione, infatti, è la principale natura di tutti i sistemi biologici, dalla cellula all’uomo. Cfr. il libro di H. R. MATURANA e F. J. VARELA, Autopoiesi e cognizione, (la realizzazione del vivente), Venezia, Marsilio, 1985, da cui è tratta la citazione. Queste teorie portano ad innovazioni anche negli altri ambiti del saperefino all’ interpretazione artistica coeva, già presente in C. Brandi ed anche in C. L. Ragghianti, con similari formulazioni.

4 Uso qui il termine mappa visiva per evidenziare due fattori fondamentali: da una parte il riferimento al rilievo topografico che è insito nel concetto di mappa (che mostra sia le misurazioni empiriche che l’uso della geometria euclidea per i rilevamenti <<formali>>) e dall’altra al <<proprio>> o personale tracciar mappe visive

 che si riferisce ad una visione euristica (cioè di ricerca) dell’artista, che stravolge i rapporti formali, per crearne altri nella propria poetica . Tutto ciò serve per sottolineare l’opera di Enzo Marino, che pur esplorando le forme antropologiche del

 passato continua la tradizione della sana <<avanguardia>> con l’intervenire sulle convinzioni dei principi percettivi, oramai oggi <<arcaici>>, e adeguando la propria pittura ai nuovi orizzonti scientifici con cui meglio si possono misurare ad esempio masse, energie, tempi, distanze, e con cui si applicano meglio i sistemi innovativi e conoscitivi della realtà.

5 Cfr. quanto detto da M. PERNIOLA, Il Sex appeal dell’inorganico. Torino, Einaudi,1994.

6 Cfr. quanto detto da D. C. DENNET, Consiousness Expained, Boston, Toronto, London, 1991.

7 Cfr. Le opere oramai famose di M. McLuhan di cui l’ultima tradotta in italiano è M. & E. MCLUHAN. La Legge dei media. Roma. Edizione lavoro.1994.

8 <<La franca ammissione che la scienza fisica è in rapporto con un mondo di ombre è uno dei progressi più significativi. Nel mondo della fisica noi osserviamo, proiettato in un gioco d’ombre il dramma della vita di ogni giorno. Il mio gomito-ombra riposa sul tavolo-ombra, come l’inghiostro-ombra. Tutto è simbolico, la stoffa di cui è fatto il mondo è di natura mentale…>>. <<…la corrente del sapere tende verso una realtà anti-meccanica; l’universo comincia ad assumere l’aspetto, invece che di una grande macchina, di un grande pensiero>>. SIR ARTHUR STANLEY EDDINGTON, The Nature of Physical World, London,1929.

9 Cfr. a tal proposito il mio testo Estetica e cibernetica, Salerno, Palladio, 1994.

10 Cfr. Ivi, anche per il chiarimento del concetto di in-formazione, che va letto come Bateson e C. Dennett con l’osservare l’azione di conoscenza dell’essere da <<dentro la forma>> e con un processo di chiusura operazionale di input ed output… In-formarsi quindi è entrare nella forma, nel sistema cognitivo proposto dal mondo concettuale osservato.


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