Maria Teresa Prestigiacomo Galdi

Memorie storiche

(Riesi – 7 Agosto 1999)

La “vernice” di Fausto Rizzo ha luogo in un sito perfettamente congeniale allo spirito dell’artista di San Cataldo che ama raccontare di vecchie pietre intimamente abbracciate alla natura. Recita il porta libanese Kalhil: “L’arte è un passo che dalla natura conduce all’infinito” (“Art is a step from nature toward the infinite”) ed il pittore siciliano avverte tutto ciò quando rappresenta un vecchietto che guarda la natura e l’infinito e di ciò è sicuro quando si sente violentato dalle colate di cemento che alterano e distruggono i profili architettonici dei paesi e mutano la loro fisionomia, i loro connotati, consegnandosi alle nuove generazioni con un volto, per così dire, “moderno”, che cancella le vestigia del passato, stenti, sudori e ricordi di occhi e sentimenti leali.

Oggi, questa mostra di Fausto Rizzo, dal titolo Il tempo, la storia, la memoria, segna una tappa, una “pietra miliare” di un lungo e faticoso percorso artistico che trova impegnato l’artista nisseno in una mappatura di luoghi di memoria dei comuni dell’entroterra isolano, per ricercarne il gusto perduto, per fissare, catturare, dipingere le atmosfere del tempo.

L’artista, pertanto, coglie l’”animus loci”, l’anima del luogo, nelle sue “stratificazioni” culturali e politiche, negli oggetti che han servito l’uomo e continuano a servirlo nel tempo, modificando la loro funzione.

“…Quel est cet languer qui penetre mon coeur?…” recita una poesia di Jacques Prevert; ed è uno strano “languore”, un forte smarrimento, quello di Rizzo, comune a tutti noi, in questa tormentata vigilia di terzo millennio in cui ci si chiede sempre più frequentemente: “Chi siamo?”, “Verso quali lidi navighiamo?”, “Dove ci condurrà l’arte del terzo millennio?”.

Ne consegue che lo smarrimento dell’artista si concretizzi nella volontà, nel bisogno di esprimere la necessità di pensare e riflettere sui valori dell’esistenza umana e sulla sacrale dignità di persone e cose da rispettare e conservare e si esprima nel lanciare, con i suoi segni iconici, un dolce e bonario – ma non rassegnato – urlo di protesta per gli scempi già consumati.

Dal punto di vista tecnico, c’è da dire che non risulta casuale l’adozione di una tavolozza cromatica caratterizzata da cromie soffuse e delicate; anzi, le stesse, risultano funzionali alla narrazione pittorica, quasi come foto d’epoca, colorate a mano. Il disegno, nonostante sia preciso, attento, minuzioso, “pulito”, ben delineato, risulta svuotato di quel formalismo accademico, retorico, che non ha reso mai poetico nessun dipinto.

Di poesia, invece, ce n’è tanta, nelle opere di Fausto Rizzo: c’è la pascoliana, ingenua, felicità del giore per un vaso di fiori sul davanzale, per una crepa sui muri che sposa le ortiche, per un vecchio testimone di antichi segreti di un secolo di storia di Sicilia.

E’ un cantore del passato, Rizzo, dal cuore antico, di quest’isola del Mediterraneo che intende vibrare ancora, in un mondo virtualmente costruito e costellato di e-mail, creando con la poesia delle sue opere un amabile ponte tra passato, presente e futuro, sempre indagando luoghi, storia e memoria, salvaguardando e tutelando l’identità socio-storico-affettiva di un territorio, opera particolarmente valida in un momento storico in cui si concretizza la fusione di diverse civiltà e culture d’Europa.

Maria Teresa Josè Prestigiacomo Galdi

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