Pio De Giuli

GIUSEPPE DRAGONI, in arte "Giudi", è un autentico personaggio del variegato e composito palinsesto in cui si articola la realtà autoctona contemporanea della terra francescana. Entrare nel suo laboratorio è un privilegio concesso a pochi perché l'Artista è geloso della sua intimità, del suo "spazio vitale" al cui interno insegue gli stimoli di una creatività poliedrica, multidisciplinare, capace di coniugare ansie metafisiche, percepite a livello inconscio a più dirette pulsioni di contatto profondo con una realtà assaporata, da esperto, in tutte le sue manifestazioni cromatiche, sonore, plastiche. Appena varcata la soglia di questo pagano "sancta sanctorum" si è quasi aggrediti dal grande disordine che regna nell'insospettabile "atelier": vasi di vernice appena aperti, strumenti da falegname, cornici, piedistalli, materiali cretacei, manufatti soltanto abbozzati, esiti di sperimentazioni non concluse, pezzi di vetro, frammenti di pietra e di metallo sono accatastati alla rinfusa. Eppure, guidati dal proprietario, che - solo in virtù di una antica amicizia - si lascia intervistare, è possibile individuare un percorso logico che risponde a precisi bisogni dell'intimo. Alla radice dell'ispirazione di Giuseppe Dragoni si colloca il desiderio di proporre la sua terra nelle manifestazioni più avvincenti: è così per il colore deciso dei suoi quadri; è così per la grazia armoniosa delle sue sculture orientate ad una femminilità a volte esplicita senza essere volgare, a volte intuita, imprecisata, quasi efebica, è così per le sue ceramiche che lasciano trasparire il desiderio di affrancarsi dagli schemi della consolidata tradizione regionale con effetti di luminosità nuova e di inesplorata trattazione dei materiali. Non c'è infatti soltanto passione nella fucina di "Giudi": vi troneggiano alcuni forni di elevata tecnologia che potrebbero indurre, con la loro potenzialità, la tentazione di cedere alle effimere lusinghe dei mercato. Ma l'artista quasi beffardo nella sua scanzonata autocritica, è troppo affezionato al suo archetipo picaresco per trasformarsi in un prezzolato artigiano, succube alle ferree leggi della produzione di massa. Afferma anzi - ed è sincero - l'esatto contrario quando mi sfida a trovare nel suo repertorio due pezzi identici o semplicemente uguali. Vagando con lo sguardo in questo spazio singolare vengo catturato da un volto femminile, forse una Madonna o forse Santa Chiara, che sprigiona una energia dolcissima, capace di attrazione irresistibile. Diviene, subito, una realtà protettrice della mia casa e della mia famiglia. Ogni giorno la guardo, magari soltanto per un attimo, e non posso fare a meno di riflettere sul suo Autore. Le ruvide scaltrezze di una vincente professionalità imprenditoriale non sono riuscite a soffocare la vocazione più profonda temprata dalle dure esperienze dell'emigrante e, prima ancora, dalla disciplina austera del Seminario. Nel crogiolo della vita le componenti di una personalità complessa si sono fuse portando alla luce una sensibilità di spessore non comune che spazia irrequieta, quasi vulcanica, nelle diverse forme espressive. Dragoni è capace di catturare i sogni e di farli divenire realtà con una impronta inconfondibile che sorprende e seduce. Non saprei dire se in "Giúdi" prevale lo scultore, il pittore, o il ceramista: è infatti comunque bravo nelle sue realizzazioni.
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