PROF. LUIGI DICUONZO

Il tumultuoso risveglio di una “pittrice e artista da sempre”

di Luigi Di Cuonzo

A ripensare a quel produttivo periodo di impegno culturale che caratterizzò l’intensa vitalità del gruppo di amici, a partire dalla metà degli anni settanta, gravitanti nell’orbita della Galleria d’Arte Golia di via Giuseppe De Nittis, in Barletta, è difficile non registrare un rammarico per non aver legalizzata, in forma di club o di associazione artistica, quell’esperienza, caratteristicamente anarchica per lo spiccato individualismo ideologico, per le marcate differenze di fede politica, per le particolari situazioni professionali di tutti i componenti. Senza alcun obbligo statutario, senza mai la necessità di gerarchizzare compiti e funzioni organizzative, modalità di convocazioni e di attuazione delle riunioni, ci si incontrava ogni sera perseguendo l’unico scopo di promuovere arte nella nostra città. Nella convinzione univoca che, la creatività, nella sua dualità intellettiva ed emotiva, debba essere sempre incentivata attraverso forme promozionali di didattica sociale, a quel gruppo va riconosciuto il merito di aver ideato e varato un Concorso di arti figurative, il Premio Piccolo Formato “Giuseppe De Nittis”, in preparazione del centenario (1984) della morte del grande pittore barlettano. Paventavano, infatti, quegli amici, il rischio di una consueta commemorazione ufficiale, retorica, dispendiosa e senza la visione lungimirante di una concreta crescita sociale, compito etico inderogabile, a loro avviso, di ogni amministrazione civica. In quel clima stimolante, di un premio finalizzato a gratificare competenze e padronanza artistica dei partecipanti, avvalorando il curriculum di molti artisti professionisti già di grande notorietà, con motivati giudizi delle giurie presiedute da Maestri e critici di grande spessore culturale e professionale, Mario Monteverdi, Francesco Boneschi, Pietro Marino, Pietro de Giosa, si riservò attenzione e rispetto anche a molti giovanissimi che si cimentavano nelle tecniche pittoriche e scultoree, animati da entusiasmo, interessi e passione.

Fu più che naturale, per Grazia Golia, in arte GRAGO, figlia del gallerista Achille, uomo di spiccate attitudini e di attente curiosità conoscitive e di giudizi nella produzione artistica che onoravano la sua azienda, leader nel settore, iniziare a misurarsi nel campo dell’arte che sperimentava di grande considerazione e di sicuro fascino nell’intera sua famiglia. Partecipò anche lei, con le sue produzioni di apprezzati paesaggi di impianto impressionistico, ai numerosi appuntamenti della Galleria Golia, si peritò nelle varie tecniche figurative, dimostrò padronanza di tavolozza, mostrò significativa utilizzazione cromatica, alternando pennello e spatola, dimostrò competenza particolare nelle sue proposte floreali impegnandosi, egregiamente, finanche, nelle difficili tecniche dell’acquerello. Fiera dei successi e degli apprezzamenti conseguiti nei circuiti delle esposizioni d’arte, trovò nella sua condizione di autodidatta sufficienti ragioni di soddisfazioni emotive per la sua completa formazione artistica, coniugando egregiamente i suoi interessi artistici con responsabili investimenti di energie personali per prepararsi alla professione di insegnante. Al giro di bora della maggiore età. Inspiegabilmente, la sua produzione si rallentò vivacchiando nelle maglie dei ricordi e del casuale rinvenimento di pochi manufatti scampati all’erosione del tempo, perdendo finanche il loro valore di documentazione di una passione artistica adolescenziale. Si assopì, in vero, senza intaccare la sua creatività che poté spaziare sugli itinerari didattici della sua connaturale professionalità docente sapendo di dover direzionare attitudini, capacità e inclinazioni dei suoi allievi nel più ampio rispetto della loro molteplice espressività. Come un tumultuoso emergere di un fiume carsico, la sua passione artistica, depuratasi da influenze di acculturazioni estetiche della sua formazione di base, è esplosa con più cosciente vigore, in forme e contenuti espressivi propri della pittura astratta, che confermano e avvalorano la sua dichiarata identità di ”pittrice e artista da sempre”. La sua destrezza nel recuperare la vivacità dei colori lasciati rinsecchire sulla sua vecchia tavolozza di pittrice di paesaggi di impianto impressionistico, più che di una sicura padronanza tecnica non travolta dal suo lungo periodo di mancata produzione, è sintomo di un nuovo linguaggio in grado, come lei sostiene, di “trasferire, traslare e tradurre emozioni più intime”. Le parole, ripensate, meditate e sedimentate nel suo lungo silenzio di riflessione artistica, non hanno generato un rigetto delle sue attitudini pittoriche, - la precisione e l’accuratezza nel disegno - che restano a fondamento delle sue ideazioni comunicative “della spiritualità dei propri attimi vissuti, della proiezione delle vibrazioni gioiose, della conversione di una sensibilità ferita, della trasmissione del folgorante amore della vita” e che tratta con creativo discernimento cromatico. Colori forti e vibranti, colori tenui e dosati, gialli, azzurri, verdi, rosso, intervallati a fogli d’oro per una personale narrazione onirica, ancor prima di far salva l’esigenza di una rappresentazione finalizzata a mietere consensi. Nel giro improvviso di un risveglio artistico, Grazia, pienamente consapevole della sua conseguita maturità nell’arte pittorica che, oggi, le impone di misurarsi nelle forme suggestive dell’astrattismo, non teme di poter sostanziare il profilo etico del pittore astratto, calibrandolo sull’esperienza vivissima della sua notevole nuova produzione: “Dipingere non è solo sapere usare una tecnica per accostare colori...ma è trasmettere con arte sensazioni uniche… è sentire coinvolta l'anima nel movimento dei pennelli… è tradurre le proprie emozioni facendole splendere con note cromatiche irripetibili, inimitabili.” La sua autostima di “pittrice e artista da sempre”, oggi pienamente condivisa e apprezzata da fruitori attenti e critici delle sue produzioni, avvalorano la fondatezza assiomatica del principio basilare di ogni esperienza artistica nel campo dell’astrattismo che rivendica l’innatismo dell’arte e la perseveranza nel battere vari itinerari di sperimentazioni in quanti avvertono l’urgenza di misurarsi in un nuovo campo di comunicazione, sapendo di dover uscire dalla sudditanza alle immagini facendo della gestualità, della materia, del colore, delle proprie emozioni, una nuova esperienza estetica. Dipingere, allora, rientra in quelle esigenze irrinunciabili di sostanziare relazioni umane nella consapevolezza di costruire legami attraverso la narrazione di sé in una comunità che riconosce il valore dei tuoi sogni: “I colori mi possiedono; la mia anima tenta di afferrarli quando l' inflessibile volontà dei pennelli strappa loro la vita ed io mi lascio travolgere e… DIPINGO. La notevole produzione di opere, mai esorbitanti per controllo di misure, per equilibrio e armonia di contenuti, per suggestioni di rappresentazioni più emotive che non intellettivamente razionali che, l’artista, propone con chiavi di lettura assemblate nella sua personale emotività e sensibilità - Squarci nel terreno, Mare infranto, Voragini, Vibrazioni dorate, Caos in natura, Tumulti autunnali, Enfasi, Schegge al tramonto, Vortici, Crepito di fiamme, Emozioni, Fra guizzi di emozioni, Tentacles – dà la misura del suo entusiasmo professionale, della sua nuova acculturazione pittorica, dello studio attento dei Maestri dell’astrattismo, della perfetta conoscenza dell’Action Painting del pittore statunitense Jackson Pollock, dal quale dimostra di aver saputo apprendere la magia del dripping, scevra da ogni possibile e inutile scadimento imitativo.

Luigi Di Cuonzo

già Presidente del Concorso Piccolo Formato Giuseppe De Nittis


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