Paolo Rizzi

Compiere novant’anni in ottima salute - come ha fatto lo scorso agosto Leonida Beltrame - può non essere più, al tempo d’oggi, un fatto eccezionale. Compierli in piena fervida attività artistica è invece qualcosa di sorprendente: qualcosa che non può non ricordare i grandi vegliardi come Tiziano e Picasso. In verità, Beltrame è vissuto finora con signorile discrezione, al di fuori dal giro delle mode, lavorando e dipingendo sempre con lena nel solco della tradizione. Originario di Adria, ha abitato per trentacinque anni a Chioggia e poi, dal 1957, ininterrottamente a Venezia. Oggi lo festeggiamo non soltanto per l’attività passata, com’è giusto, ma anche e soprattutto per quello che ha saputo fare negli ultimi (due-tre anni, anzi negli ultimi mesi: una pittura che s’è ancor più irrobustita, ha acquistato in finezza, s’è fatta più sensibile e attenta ai valori. E questo è quasi un miracolo.

I valori, s’è detto. Sono anzitutto valori inerenti allo specifico pittorico. Ecco a svelarceli, in una disamina per generi, le nature morte. Esse richiedono, di per sè, una visione più ravvicinata all’oggetto: cioè una percezione della qualità anche tattile della materia. Davanti agli occhi sempre attenti e lucidi di Beltrame si pongono frutta, verdure, ceramiche: il consueto armamentario delle antiche “vite silenti”. Ebbene: ogni forma è trattata, pittoricamente, in modo conseguente al senso intrinseco della materia. I pesci (le orate) conservano sulla tela una sorta di viscida liquidità, come appena pescati. Al contrario le pannocchie appaiono ruvide e secche come sono in effetti; e, del pari, brillano e luccicano le polpe interne dei melograni spezzati, mentre i carciofi rendono quei che di asprigno e pungente nelle sfumature violacee delle scorze. Questo è il valore primario dell’illusione ottica che è la pittura. Osserviamo le caraffe o la Diana nera in ceramica napoletana del primo Ottocento: l’effetto dei riflessi lucidi è perfettamente conseguente.

A ciò si aggiunge - molto importante specie nelle nature morte — il senso compositivo/strutturale. Le forme sono ben bilanciate, in modo da corrispondere l’una all’altra. Persino nel grande mazzo di fiori questa architettura formale è evidentissima. Dal compatto vaso verdastro che spicca in basso, come un'energia compressa, escono i gambi dei fiori diffondendosi nello spazio con chiarezza estrema, sia nella resa tattile dei petali, sia nell’armonia generale dei colori, sia nel sottile quoziente simbolico. Tutto ciò indica, appunto, una consapevolezza dei valori specifici della pittura, al di là di ogni audacia linguistica o di ogni volontà (del tutto assente) di “meravigliare”. L’oggetto ripete la realtà e nel contempo, la trasfigura.

Quando lo sguardo si allontana dalla natura morta, per investire un paesaggio a media distanza, scatta un diverso tipo di valore. Beltrame osserva il brillio dei fiori gialli su un tronco d’albero; riscopre la quieta bellezza delle casette sui Colli Euganei; coglie la verzura brulicante o i riflessi sulle acque di canali e fumi; dispone ordinatamente gli alberi come quinte, aprendo squarci di luce. E’ allora che nasce una percezione più impressionistica che realistica del fenomeno visivo. La luce diventa il valore primario; e la luce si scioglie in atmosfera, cioè investe tutto il paesaggio, effondendosi con calibrata armonia.

Beltrame è un uomo che ama l’ordine: l’ha sempre amato nella vita, lo ama anche nella pittura. Vediamo, così, taluni quadri che puntano sull’architettura della forma, quindi sulle partizioni chiare e nette della luce sui muri delle case. Lo si nota, ad esempio, nella casa del Petrarca ad Arquà, con quel nitore nei filari di siepi. L’ordine della natura, diventa l’ordine dell’uomo. Ogni aspetto del paesaggio si presenta davanti a noi con chiarezza. Dobbiamo riconoscere che anche questo è un valore della pittura: un valore che conduce ogni frammento, ogni particolare, verso l’unità, che è unità della materia ma anche dello spirito.

Ed ecco che la visione si apre, si allontana, tende ad una prospettiva lunga. E’ questo il terzo momento - se così si può dire - della pittura di Beltrame. Nell’artista, con la fuga verso l’orizzonte, si insinua una vena di romantica dolcezza: cioè di trasporto del sentimento.

Nella sua Chioggia, in cui ha vissuto la giovinezza, Beltrame scruta la profondità prospettica del Canal Lombardo, con le barche in sosta nel primo piano. La luce s’accende di riflessi rossastri, che giocano puntualmente con certi toni azzurrini che affiorano qua e là, soprattutto nelle barche. Negli orti a Pellestrina il sentimento attonito dell’infinito prevale ancor più, come un bisogno di aria, di spazio, di lunghi respiri. E’ qui che l’immagine finisce per trasfigurarsi, senza quasi che ce ne accorgiamo. Ci appare l’essenzialità luminosa di Lio Piccolo, con la sua calma maestosa; ci vengono incontro le vedute dei Colli Euganei, con certe trepide percezioni di valori sospesi che preludono al temporale estivo; e ci sconvolge quasi il giuoco dei laghi di Plitvize, con quelle trasparenze, i riflessi di alberi sulle acque, un senso di straniamento e di mistero. Lo si sente, lo si capisce: è il sentimento della natura che prevale.

Così, la pittura di Beltrame si presenta unitaria e, nel contempo, svariata nelle diverse modalità. percettive. Si passa, come s’è detto, dal gusto sensoriale dell’effetto materico nelle nature morte all’impressione di luce e di armonia compositiva nei paesaggi, fino alla dilatazione sentimentale nelle fughe prospettiche delle vedute. Tre passaggi; tre diversi modi di assimilare lo spettro della visione pittorica. Beltrame, come ben si capisce, non forza mai l’effetto, non veleggia verso soluzioni strane o improbabili. La grande tradizione ottocentesca gli è alle spalle. Egli la usa con moderazione, attento a non sciupare la fragranza dell’immagine naturale. Il suo cammino è, appunto, nel solco dei valori. E noi distinguiamo, in questa mostra per i novant’anni di un artista così probo, i progressi fatti verso la chiarezza e l’ordine, cioè verso quelli che abbiamo definito i valori specifìci, più intrinsechi, della pittura. Aggiungiamo che di questi valori c’è bisogno non soltanto nell’arte, ma in tutta la nostra società, così ansiosamente alla ricerca di un nuovo sistema etico e, quindi, anche politico.

Per questa ragione Beltrame può esserci d’esempio, al di là stesso della qualità di una pittura che quietamente cammina tra realtà e fantasia.

Paolo Rizzi

Marzo 1994

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