CARLA PICCIONI

Luigi Latino: Il Nocchiero nella Spelonca Grande nella nuda assonanza, Musa di un mito cantato altrove: vent’anni. Luigi latino indugia, spalanca il nero di occhi profondi come la notte. Artista che naviga sulla terraferma dopo aver concesso all’Utopia il possesso dei mari. E’ questo il suo informale. Le linee di colore si srotolanono verso la conversione alla poesia. Musa ispiratrice proprio quell’arte che stà lì, che non vorrebbe suggerire perché per il Nocchiero non ci vogliono santi a commisurare il reliquiario. La sensibilità del timone è nella spelonca e i versi sono spalla ai remi. Luigi latino, anarchico urlatore usa il doppio registro della poesia e dell’arte per meglio spiegare, per meglio concepire per dare voce all’artista che urla ma potrebbe essere non ascoltato, Vate venuto dal tempo, instancabile orma sull’orma che gridava un tempo e sguainava la spada al potere, all’arroganza, alla miseria prostituta degli uomini oppressi dalle loro stesse nulle ideologie. Contro il capitalismo, la guerra l’omertà, Luigi Latino porta nella spelonca i problemi di chi vive ai margini, di chi chiede risposte di chi usa il suo aroma:caffè sempre più amaro mentre sul grande schermo passa il cortometraggio “Tangente Sul Mondo”. Libero è il suo mestiere, Libero il nome del suo amico migliore, Libero il mondo che narra e che descrive. La cultura è dettame, qualunquismo, corsa all’ultim’ora come se un attimo dopo finisse il mondo. Anche questa è la sua denuncia. Ora il nocchiero ha freddo dopo il naufragio, non sorride più, forse sorrise a vent’anni quando non c’era vuoto incancrenito nelle strade. Dopo la carestia…la fame! Carla piccioni
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