Grimoaldo Di Sotto

La pittura al femminile di Margherita Fascione


Metafora della vita stessa, nella tradizione occidentale il corpo femminile è da sempre foyer della rappresentazione estetica, ancor prima che ogni altra componente sensuale o psicologica entri a far parte della pulsione incentivante.

La sua iconografia registra i mutamenti ideologici delle culture che si susseguono nel tempo e la sua storia è quella di una commistione tra ragioni estetiche ed emozioni fino a renderlo, non più soltanto referente, ma valenza stessa dell'idea di pittura. Un corpo svelato non vale solo per sé stesso ma anche come elemento compositivo, in cui prevale una norma di severità artistica, prima che di consapevole artificio. La facoltà di seduzione, contestata spesso ai nudi, cessa di essere tale perché è solo il quadro, nella sua interezza, a trarre vantaggio dalle complesse emozioni associate in origine ma poi rese sulla tela già filtrate dal processo rielaborativi di un codice insito in ogni artista.

In questa sua personale, Margherita Fascione propone al pubblico una pittura tutta al femminile, quasi volesse presentare a se stessa il conto del suo essere donna. I sentimenti, annunciati o suggeriti, partono da analisi sofferte che si materializzano in forme di reminiscenze mitologiche. È un esprimersi in maniera che definirei apodittica, mutuando dalla classicità i miti e facendoli rivivere di una nuova virescenza attraverso la pennellata a breve campitura con contorni sfumati che acquistano levità dal volteggiare dei tocchi che prendono forma di cascate di foglie multicolori, ottenuta con la giustapposizione dei toni tale da lasciare all'occhio la ricomposizione cromatica i cui valori luminosi risultano espressi dall'opposizione dei colori or più fluidi or più densi. L'artista, con questo suo singolare modo di esprimersi, ricrea gli stessi valori che i drappi e i panneggi hanno nei nudi della pittura classica ed ottiene, con questo artificio, la costruzione dell'intarsio coloristico di un'ulteriore suggestione scenografica. È, quindi, proprio la forma a cedere il passo alla macchia di colore che prevale sul contorno. Si ha così un rovesciamento concettuale che vede il colore al servizio del contorno mediante l'azione dello sfumato. Qui il contorno è solo una traccia suggerita, attraverso i limiti del colore trionfante (...) qualunque sia la realtà della modella, il vero nudo è sempre altrove. Non il corpo della donna ma il desiderio dell'artista diventa protagonista fino a padroneggiare a suo uso il soggetto, tale da renderlo quasi "oggetto". Resta così solo il problema di stabilire il senso del desiderio da cui muove l'artista, capace di mettere a disposizione della tecnica anche l'entroterra culturale della sua formazione umanistica a livello universitario. La consuetudine alla ricerca è componente essenziale nella proposizione di temi che necessitano di un lavoro che non può fermarsi alla sola fase epidermica. Una sua opera, Venere? Pandora? Medusa?, mi offre una chiave di lettura che, per brevità di spazio, così sintetizzo. Se pur a vaso chiuso, la testa femminile, di connotazione botticelliana, tanto che potrebbe passare per una preziosa citazione, ha l'elemento focale nei capelli che cominciano ad assumere forme ofidiche. Il fondo della scena, con la figura nuda sul letto che chiede allo specchio una conferma squisitamente edonistica, stempera la drammaticità degli eventi provocati dall'irrefrenabile curiosità femminile e ci riporta a piacevolezze più rasserenanti col ricordarci che Saffo ha cantato l'amore per tutte le donne. E, considerato il tema narcisistico della scena, giova notare come le due figure siano poste in una bidimensionalità di piani che accentua la sensazione intimistica di trovarsi in presenza di una confessione che l'animo non osa rivelare e che solo il pennello evidenzia, complice il vis à vis tra la figura reale e quella virtuale.

Che, forse, tra i mali che il vaso contiene, vi sia anche questo, oppure il messaggio vuole essere una pura esercitazione cerebrale proposta in maniera provocatoria? Quale che sia il punto di vista etico di chi si pone davanti al dipinto, la domanda inquietante che, attraverso i millenni, giunge fino a noi non può che essere questa: "Conviene aprirlo il mitico vaso, oppure è opportuno restare nella condizione in cui ognuno è stato posto (e qui prendo in prestito il bellissimo verso di Quasimodo) "Amaro pane a rompere".

Grimoaldo Di Sotto - Aquino - maggio 2005

 

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