Rosa Orsini


Visioni

Il pathos senza tempo del chiaro scuro protagonista di una visione intimistica della pittura

Una prospettiva a volo di uccello coglie il particolare di un gesto preciso, inequivocabile, quello di una mano che afferra uno strumento musicale, una tromba, lasciando vibrare nel vuoto le note di una misteriosa sinfonia. Lo sfondo nero confina il musicista nel buio, lo rende totalmente assente dal piano compositivo quanto presente invece prorompe l’oggetto in luce, colto da un’angolazione diversa che sfida l’occhio dell’osservatore. Mario Levato dà inizio con questo suo quadro ad un ciclo pittorico dedicato all’universo musicale di cui propone una lettura completamente moderna, dopo l’esordio della sua personale “Visioni” alla “Galleria delle Statue” presso l’Istituto Superiore D'Arte "A.Venturi" di Modena“ ,creatasi intorno ad una espressione narrativa che appartiene ad una figurazione manifesta della dimensione umana. Questo giovane artista calabrese (nasce a Catanzaro nel 1978) dimostra possedere una certa maestria nell’uso della tecnica del chiaro scuro attraverso la quale l’espressività della luce riesce a dare un'idea dei volumi e dello spazio con il solo apporto monocromatico dei colori. Levato realizza suggestivi quadri con la tecnica dello sfregazzo, avvalendosi di un uso parco del colore ad olio sfregato sulla tela, attuando diversi passaggi tonali che mettono in risalto le zone in luce e le parti in ombra, su un punto di fuga che crea lo spazio architettonico in una prospettiva piana, ottenendo le stesse vibrazioni luministiche della graffite. La sua maestria, acquisita durante gli studi, prima al liceo artistico e poi all’Accademia di Belle Arti di Catanzaro, si sviluppa, si affina col l’esercizio costante, giungendo ad ottimi risultati di resa non solo compositiva ma soprattutto rappresentativa e riproduttiva, con eccellenti effetti realistici. Nulla è lasciato al caso ma tutto è disegnato nel dettaglio, minuziosamente, su tele di grande formato, dove il soggetto affiora dal fondo con una potenza espressiva quasi ad voler uscir fuori dalla tela. Levato possiede la capacità di cogliere non solo l’esatta fisionomia nella sagoma, aiutato dall’abilità nel disegno, ma l’essenza di un’emozione, di uno stato d’animo, del carattere. Supera la tecnica accademica per merito della sua personale capacità di andare oltre l’apparenza, di indagare i sentimenti, di arrivare all’essenza del soggetto, che non è solo forma riprodotta ma reinterpretazione, e trasmettere, nelle nervature chiaroscurali, la forza vitale e pulsante degli esseri viventi, degli animali, della natura. 

Ecco quindi la sua pennellata cogliere nell’attimo la forza generatrice di un fiore che sboccia, gemmato da una pianta rampicante che incornicia il volto delicato di una fanciulla, dai cui occhi traspare una poetica e disarmante fragilità. Oppure afferrare l’impeto furioso di un cavallo indomito che scalpita verso la libertà. Opera “I am” che ha un suo alter ego nel quadro “I want”. Qui vediamo l’artista inerpicarsi in un gioco di riflessi, come un moderno Jan Van Eych. Assistiamo infatti ad una compenetrazione tra mondi, quello sensibile e quello interiorizzato, dove l’entità riflessa si dilata e prende nuova vita nell’entità riflettente. L’occhio ceruleo che osserva, imprime nell’iride il soggetto che vede, ossia il cavallo indomito. Come uno specchio vitreo, ne afferra la forza, il dinamismo, l’energia.

La paura è esorcizzata da una luce proiettata dalla sommità delle scale. Paura che in un gioco di allegorie, investe il corpo di una fanciulla accovacciata, ripresa di schiena. La luce, elemento quasi provvidenziale, viene per difenderla dal buio, dalle tenebre che celano l’inganno, dalla violenza, spesso psicologica, che attanaglia e immobilizza gesti e pensieri. Il simbolismo emerge da questa scelta di allegorie, creando una dimensione onirica e illusoria.

Levato ci incanta perché ci riporta alla magia di un genere, quello fumettistico dove tutto è possibile perché fuori dalla realtà, ma è pura realtà nel contempo, perché da essa trae soggetto e spunto. Nei suoi quadri, dove si concentra la narrazione immaginifica, fissa e racchiude il significato di un momento cruciale, determinante, un prologo o l’epilogo di un racconto, spesso velato da un’atmosfera gotica, cupa, misteriosa.

L’efficacia del suo stile, che si riconduce quindi alle strip comics per i toni chiaroscurali e la cupezza della narrazione figurativa, recupera inoltre una tematica che richiama gli anni ‘70, un ritorno al carattere ribelle degli hippy, contrari alle regole, avventurieri in cerca di verità, come nel quadro “Dietro la sabbia” dove dipinge una ragazza che cammina decisa su un lungo sentiero deserto. Retaggio culturale di una generazione che non gli appartiene per età anagrafica ma che eredita e adotta per significativi messaggi di libertà, emancipazione, simbologia.

Dichiara apertamente di amare il Caravaggio, e chi non riconosce nel grande maestro l’universalità del suo genere, che ha fatto scuola e continua a fare scuola, ma sa anche scegliere una propria strada, uno stile e una tematica più vicina ai giovani, capace di indagare l’animo umano per comprenderne i vari aspetti, proseguendo quel cammino di conoscenza, in cerca della propria identità e del proprio posto nel mondo.


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