Intervista con l'artista Mario Ubaldino

Ci parli del suo esordio nell'arte. Perché ha deciso di iniziare la sua carriera con la Pro Biennale di Venezia, evento curato da Salvo Nugnes e Vittorio Sgarbi.

Tutti i più grandi artisti sono passati dalla Biennale di Venezia al principio della loro carriera, io ho preferito passare per la porta stretta, per la Pro Biennale di Venezia. Non è solo questione di opportunità, ma è una filosofia di vita. Come dice Gesù, entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa. Non sarà una coincidenza che trovi disprezzabili tutti quegli artisti contemporanei che hanno dato il via alla loro vita artistica passando per la Biennale di Venezia che è la porta larga.

Non le piace dunque l'arte contemporanea?, voglio dire, si sente come un uomo non appartenente a quest'epoca?

Rifacendomi alle parole di un noto personaggio che disse che "non sono io ad essere in anticipo sull'epoca, siete tutti voi altri in ritardo”, le pain est bon… (il pane è buono) non perché piace a tutti ma perché piace a me. [sorride]

Una visione egocentrica dell’arte. Questo non contraddice forse la sua critica agli altri artisti contemporanei più famosi?

Mettere se stessi al centro della propria arte è giusto ma non per questo significa che sia condivisibile da tutti. Ma come ho detto, il pane non è buono…

Perché piace a tutti, sì sì. Eppure il successo si raggiunge soprattutto con il pubblico, e senza il pubblico l’artista non ha valore.

Il pubblico è la forza di un singolo artista, sebbene la forza del singolo sia più grande di quella del pubblico. Guardi, se un artista ha successo è prima di tutto merito suo. Perché mentre tutto il pubblico potrebbe sbagliarsi sull’opinione che può avere su una singola persona, quella singola persona invece sa di non sbagliarsi sull’opinione che può avere su di sé. Tutto il successo di quella persona sta nel far valere quell'opinione che ha su di sé. Come? Mostrando la verità. Il pubblico si accorge se gli stai mentendo, e non ti perdonerà. 

Dunque se il pubblico decreta il successo di un artista, lo stesso pubblico ha il potere di decretarne la sua fine?

Per questo, per far sì che l’artista conservi il vero potere per far valere la sua arte e non permetta agli altri di decidere su di sé, è importante che mantenga un comportamento corretto e onesto tramite la sua arte. Questo affinché nessuno gli abbia da contestare la sua coerenza e il rispetto.

Se l’arte ha così tanto potere, deve essere in mano a uomini giusti, capaci come dice lei, di dire la verità, di essere onesti, e di avere rispetto.

Rispetto soprattutto per il pubblico, che come dicevo, è colui che giudica l’artista. L’artista non deve permettere che sia vittima del giudizio altrui, perciò mantenendo costantemente un atteggiamento corretto, onesto e sincero nel rapporto con il pubblico, fa sì che il pubblico non abbia nulla da rimproverargli. Per questa ragione invece, io come parte del pubblico che osserva le opere degli artisti contemporanei, critico aspramente la loro maniera di fare arte. 

Cosa gli critica in particolare?

La mancanza di riguardo. Il rispetto è il padre di tutte le virtù. Potresti possedere una, due o tutte le virtù, ma se non hai il rispetto rischi di diventare superbo, arrogante, dannoso per la storia e per chi ne ha fatto e ne farà parte.

Secondo lei, da cosa dipende questa deriva, a quanto pare, dell’arte?

Grazie a Dio non è una deriva artistica, piuttosto è un passaggio ravvicinato alla costa dello spregio umano. L’uomo ha subito diverse catastrofi nella sua storia, una di queste è quella che stiamo vivendo, ma come la storia ci insegna, dalla sofferenza si rinasce. I tempi brutti creano uomini forti, gli uomini forti creano uomini saggi, gli uomini saggi creano tempi migliori.   

È il concetto della Fenice.

Se tutte le opere moderne fossero bruciate, a nessuno mancherebbe davvero ciò che era stato creato. Questo perché nulla di ciò che è stato creato nell’ultimo secolo (parlo dal dopoguerra in poi) è davvero meritevole di essere definito arte. Si ha avuta eccessiva fretta di costruire senza badare a come si costruisse, perché la guerra ha sempre abituato l’uomo a fare di necessità virtù, e sappiamo bene che se non mangi da dodici giorni e ti ritrovi nel piatto un topo, quel topo diventa il tuo pasto gustoso.

Quindi lei non critica solo l’arte pittorica, ma anche le altre espressioni umane come l’architettura, l’urbanistica…

Si è messo da parte il gusto per l’arte per favorire il bisogno di colmare il vuoto che aveva lasciato la guerra. Per questo le guerre sono la vera disgrazia dell’umanità. L’arte è in pericolo, e lo è sempre perché l’uomo è da sempre in guerra. Ascolto le parole di Papa Francesco che dice che siamo nella terza guerra mondiale ma in realtà l’uomo da quando esiste non ha mai conosciuto pace, perciò non siamo in una terza o in una quarta guerra mondiale, ma siamo nella stessa guerra da sempre, la prima e la sola che si combatte da quando Caino ha ucciso Abele.

La religione può fare qualcosa per salvare l’arte?

L’arte è la sola cosa che metta tutti d’accordo. Quando ci troviamo dinanzi la bellezza dell’affresco della Creazione di Adamo di Michelangelo, sotto quel soffitto con centinaia di nazioni mischiate tra loro, quando centinaia di nazioni sono raccolte davanti alla Gioconda di Leonardo nella sala del Louvre, lì c’è pace perché c’è stupore dinanzi la bellezza, e la religione gioca un ruolo fondamentale per alimentare l’acqua della pace, quindi la religione deve costantemente investire nell’arte perché tutto passa per la fede, e la fede produce arte. Persino un ateo crede a qualcosa, crede infatti alla non esistenza di Dio. Ma un ateo sarà un visitatore del Louvre e della Cappella Sistina così come lo sarà un religioso. L’arte è più forte della guerra. Se si combattesse mettendo polveri di vernici nelle canne dei cannoni, vinceremmo tutti.   


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