Giancarlo Bonomo

L'intenso colorismo dell'indagine di Michela Menegazzi rivela la passione convincente e sincera per lo studio delle tecniche espressive ed i materiali atti alla realizzazione finale dei lavori. Il concetto di 'tecnica' è fondamentale per comprendere non solo il metodo di esecuzione di un'opera ma anche per poterne valutare l'effettiva qualità sulla base di parametri ben delineati. La tecnica conferisce vita e forza ai pensieri, focalizza e determina le infinite sfumature di sensazioni, sentimenti che, diversamente, rimarrebbero confinati in un indistinto difficilmente interpretabile. Tutti viviamo nel cuore e nella mente le variegate dimensioni della vita, siano esse emozionali, razionali o intuitive. Ma la vera sfida per l'artista è maturare la capacità di identificarle e trasmetterle con efficacia e convincimento attraverso il metodo e la sperimentazione. Come detto inizialmente, lo studio dei contrasti cromatici è il punto di partenza da cui muove l'espressività della Menegazzi. Certamente ella ha intuito l'importanza dell'impatto visivo (o meglio, dell'emozione 'retinica') sul piano non solo della percezione apparente ma anche di quello inconscio mediante il coacervo di sensazioni, reminiscenze e persino 'suoni' che il colore richiama allo sguardo. Ma non solo. La Menegazzi punta anche sull'estrema sintesi figurazionale di un mondo ch'ella percepisce volutamente semplificato, talvolta idealizzato, più attinente ad un idillio interiore che al grigiore di una conclamata realtà. E in questo direzione si orienta la serie di acrilici di soggetto naturalistico dove prevale l'incessante ricerca dei miracoli che ogni giorno la natura compie intorno a noi, rilevabili dal più piccolo dei fiori fino alla grande Stella madre che illumina la terra. Studi di forme e colori nelle attente esercitazioni ad acrilico che paiono essere propedeutiche alla vera vocazione della Menegazzi: la tecnica del mosaico, il fascino irresistibile della sua esecuzione tutta manuale, lo studio sull'impiego di paste vitree, piastrelline, colle, sabbie, resine, e quant'altro possa considerarsi utile alla composizione. Sì, proprio il mosaico, dove la sintesi diventa non scelta ma condizione indispensabile per l'effetto finale, e dove il già citato colore esercita un ruolo essenziale per evidenziare la profondità del campo visivo. Qui, nei contrasti luminescenti e nelle linee nitide dei contorni, il suo mondo interiore esprime la sincera meraviglia del cuore e, se vogliamo, anche la gratitudine di poterne contemplare i suoi molteplici aspetti, non contaminati dai guasti procurati dall'uomo. Un mondo che si presenta per come è, senza giudizio alcuno, con il pregio, riservato a pochi, di una curiosità bambina, quale antico valore oramai smarrito. Il mosaico 'Le luci di Manhattan', del 2020, sembra essere un riepilogo di queste considerazioni. Gli elementi di natura fanno da cornice ad una metropoli lontana che ci appare come fosse un incastro di mattoncini in Lego. Tutto è armonia e felice combinazione di elementi. Sensazioni che, parimenti, ci vengono restituite, negli altri lavori, dove sono protagonisti  animali o piante. In questo recupero dell'arte musiva, di cui il Friuli può vantare fondamentali testimonianze storiche, seppure per ragioni diverse, da Aquileia a Spilimbergo, la Menegazzi incontra se stessa, la sua vocazione dettata da una necessità interiore di esprimere stati d'animo che ha radici lontane. E' l'incontro con la parte più genuina di sé, laddove emerge lo splendore incontaminato dell'autenticità e non c'è spazio per la mistificazione. Il luogo dove l'Anima si sente finalmente a casa nella totale pacificazione interiore, in attesa di ripartire per un nuovo viaggio nel regno della fantasia più libera.  


                                                                                        Giancarlo Bonomo

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