Franco Bulfarini

Lanzi Mirco
“Visioni fra acqua e cielo”
Commento critico di Franco Bulfarini
Gli artisti da sempre si confrontano con la natura, con il mare, con il cielo, con i fiori, con i boschi ma anche con la figura umana. Mirco Lanzi, in questo senso, segue il solco di una tradizione che potremmo definire consolidata nelle tematiche citate, una pittura definibile “di genere”. Nel suo proporsi, tuttavia Lanzi lascia intravvedere elementi peculiari che sarà giusto indagare: fa uso quasi esclusivo di tecniche miste, o di pittura ad acquerello, e qui il bianco del foglio e la ricerca della luce sono elementi basilari. Una tecnica che Lanzi sente assonante al proprio temperamento ed in sintonia con il proprio essere, anche se occorre dire che l’artista conosce benissimo le principali modalità del dipingere, che tuttavia ritiene meno congeniali alla sua personale visione ed espressività. Quello di Mirco è un fare artistico accurato, proprio di una personalità che rifugge i rumori della ribalta, a favore di un maggior intimismo e raccoglimento. Non mancano nel suo modo di dipingere e di proporsi slanci poetici, fra metafisica e lirismo, con opere intense che intrattengono lo sguardo del fruitore, per la profondità emotiva che suggeriscono.  Diverse sono anche le opere grafiche ed incisorie, compreso l’utilizzo dell’antica tecnica dell’acquaforte con stampe di stupenda fattura.  Non mi è difficile affermare che Mirco Lanzi, titolare di una cattedra di insegnamento al Venturi di Modena, operi con maestria: nessuna stonatura nei suoi colori, le vedute spesso si legano ad inusitate prospettive, come nelle opere a mio avviso straordinarie per intensità emotiva: “ A volo d’angelo”, o “Tuffo senza fine”, entrambe del 2016, queste  realizzate con tecnica mista acrilico e acquarello. Qui il cielo ed il mare trovano l’uomo a fonderli, un tuffatore descritto nella perfetta anatomia di un gesto atletico,  è colto nel bel mezzo di un luogo incontaminato fra cielo e mare, finalmente libero di volare come uccello, per poi potersi calare nei flutti del mare come pesce. L’uomo pare in queste opere voler sottendere l’animo stesso dell’artista che anela allo slancio di passione, ad un vivere in sintonia con la natura, una sintonia recriminata più direttamene nell’opera “Iceberg alla deriva”, una tecnica mista, sempre ad acrilico ed acquerello, datata  2003, ove l’artista solleva il grave aspetto dello scioglimento dei ghiacci, causato come la scienza ufficiale sostiene, dal riscaldamento globale del pianeta, rendendo evidente che la pittura può anche uscire dalla semplice narrazione estetica e veicolare messaggi attualissimi e di valore collettivo, come il rispetto dell’ambiente in cui viviamo. Qui, come non citare  gli artisti della Scuola francese di Barbison, che del rispetto dell’ambiente e del paesaggio fecero il loro presupposto principe. Siamo dunque di fronte ad un’artista che lungi dall’essere un mero decoratore rende a noi esseri del terzo millennio una poietica di purezza, fortemente lirica che mai irrompe chiassosa, come oggi spesso succede, ma che nella volontà di perizia del gesto tecnico, pronuncia un richiamo all’agire, potremmo dire  “in punta di piedi”, come può fare una ballerina, si proprio quelle dipinte con eleganza da  “Degas”. Il nostro maestro utilizza dunque uno stilema garbato, rifuggendo rumori e frastuoni del nostro tempo,  il chiacchiericcio spesso fine a se stesso dei social, per esprimere sostanza concreta al servizio del bello, che per essere espresso necessita di assidua ricerca, che sola può portare alla semplicità narrativa ed alla purezza di visione, ad una chiarezza di pensiero, con il fine imprescindibile per l’artista di esternare le emozioni di cui ogni visione, se ben realizzata, può condurre. Con Lanzi siamo di fronte ad  un’artista che traduce in slanci emotivi la vista di un fiore, ma anche una semplice roccia a picco sul mare genera sussulto nell’osservatore, si veda l’opera “L’isola di Nauru” del 2016, qui vi sono elementi emozionali, ma anche enfasi metafisica, come nelle opere dei fondi marini. Il cielo sempre azzurro se non leggermente velato spesso ospita volatili, leggeri, che guardano il mare, che mi richiamano ai versi del Carducci nella poesia  “Sogno d’Estate”: “… ed il trifoglio rosso vestiva i declivi de' prati, e molli d'auree ginestre si paravano i colli, e un'aura dolce movendo quei fiori e gli odori veniva giù dal mare…”. Dunque volatili, ma anche rocce inanimate che prendono vita grazie a tocchi precisi, accurati del maestro. Sapienti sono le incursioni pittoriche che rendono la natura come parlante al nostro animo, rivolta a noi che siamo testimoni di un tempo di crisi che può anche e soprattutto attraverso la cura del bello essere superata. L’ambiente che ci circonda e la sua cura saranno forse radici di un nuovo futuro? Quello di Lanzi nel mondo in cui tutto è omologazione, lungi dall’essere un ritorno al passato, pare ai miei occhi uno sguardo lucido sull’avvenire, ove a fare breccia è una speranza, quella di un’umanità che possa emerge dall’attuale palude di contraddizioni, apprendendo l’arte di vivere in armonia con il cosmo. Forse un’utopia ma anche un bagliore di luce e di speranza, che in Lanzi maestro e artista al contempo è voce di pulizia, per tracciare una via nel senso della bellezza estetica, ma anche di riscatto morale.
10/06/2017                                                                                                       Critico ed artista Franco Bulfarini                             

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