Angelo Liberati

Nel panorama isolano della pittura cosiddetta figurativa, dove imperversano voci attardate e alcune
assestate su risultati approssimativi, i lavori di Mauro Moledda rivelano il grado di consapevolezza
e il controllo dei propri mezzi espressivi di un ingegnere “prestato alla pittura”.
Un professionista (nel senso che di mestiere fa un altro lavoro) che da amante dell’arte “visita” le
esperienze artistiche che si sono sviluppate lungo tutto il secolo appena trascorso, traendone le linee
guida per il proprio fare pittorico.
Proprio la professione primaria svolta da Mauro suggerisce e consente la realizzazione delle opere
più riuscite. Anche quando sono i temi della memoria e dell’infanzia a dettare il contenuto,
interviene la cultura e lo studio di maestri storici come Le Corbusier, a suggerire il controllo della
forma, a ricordare che il significato non è scindibile dal significante; cosa non sempre chiara nel
mondo degli operatori di tutte le arti.
Mauro Moledda usa tutte le tecniche a disposizione del pittore, compone le sue superfici, tela o
carta, con declinazioni di immagini di momenti e ambienti diversi, ma spesso interviene la memoria
nostalgica dei luoghi amati dell’infanzia e si impone sulla tela come soggetto unico, dove le materie
e il pennello in libertà condensano le emozioni della memoria.
Le composizioni aniconiche a mio parere tengono in maggiore considerazione il lato significante
nell’opera, proprio in funzione di un maggiore distacco dal significato. Nelle opere iconiche, più
legate alla cultura del luogo natio, all’infanzia, si impone il contenuto, il desiderio di comunicare il
significato, in qualche caso a scapito di un maggior controllo della composizione e dell’esecuzione
dell’opera. Uno scoglio contro il quale naufragano con maggior frequenza le nostre buone
intenzioni di pittori iconici e spesso, a mio parere, con maggiore approssimazione e inconsapevole
“tavolozza da pasticcere”, alcuni pittori che si lanciano con passo veloce nel campo aniconico, nella
convinzione che quella sia la strada del futuro; e allora il “pasticcio di colori” cammina fianco a
fianco con le “triglie al cartoccio”.
Diverso per qualità e misura il percorso che ci presenta in questa esposizione cagliaritana Mauro
Moledda, che rivela una sensibilità e una conoscenza nel “lavorare la pittura” non comune, anzi
piuttosto raro.
Angelo Liberati
Cagliari 7 novembre 2015

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