Vittorio Sgarbi 2017

Vittorio Sgarbi, 2017

***

Vuole fare dell’arte uno strumento con cui ricercare e manifestare la sua spiritualità, Oscar Coffani, la cui formazione di vita, prima ancora che professionale, lo ha visto riservare uguale considerazione alla pittura e alla psicologia.

Non abbiamo alcuna difficoltà a seguirlo nelle sue convinzioni, che ci sembrerebbero facilmente dimostrabili attraverso le sue opere.

Eppure, quando in arte si ha a che fare con qualcosa di teoricamente immateriale come lo spirito, non é mai superfluo chiarirsi su quello che si vorrebbe intendere con certe affermazioni, salvo volersi rifugiare nella facilità di una formula retorica fin troppo sfruttata.

Nel caso di Coffani, direi che esistono due modalità fondamentali con cui traduce il suo anelito allo spirituale nel corporeo dell’oggetto artistico. Una, se vogliamo la più immediata e convenzionale, é quella che tratta il soggetto religioso secondo termini già codificati dall’iconografia cristiana, riprendendo, per esempio, gli stilemi bizantini o quelli

del Medioevo occidentale, anche con l’impiego, non certo irrilevante dal punto di vista del pensiero alla

base della metodica adottata, di tecniche arcaiche o arcaizzanti.

È evidente che in queste opere la spiritualità sta nel fatto di conformarsi a precedenti storici che hanno indicato a riguardo precisi canoni di riferimento, tali da indurre

all’identificazione con essa quasi per automatismo. Ma l’arte di Coffani concepisce la spiritualità anche in modo meno mediato

con i cosiddetti “paesaggi interiori’ e “informali”, percorsi più coinvolti e originali, i primi condotti sull’estremo di una figurazione ridotta al minimo, gli altri già pervenuti a superare la soglia dell’astratto.

In entrambi, una comune disposizione che interpreta la pittura come un processo di purificazione espressiva, teso a cogliere dalla pluralità e dall’esuberanza del fenomenico il suo distillato più estremo, che sia un motivo grafico, un arabesco simboleggiante un albero, un disco solare,

una linea d’orizzonte, o, nelle opere informali, un segno sgocciolato, nel più essenziale dei dripping, un viluppo contorto, un contrasto di campi cromatici irregolari.

È in quei esiti raggiunti, in quelle mete raggiunte dopo percorsi di liberazione, dalla materia in eccesso come dalle divagazioni

della mente, che arte e filosofia coincidono perfettamente.

Scopri di più