Ilario Luperini

Lamiere e Monocromi.


Nel suo inesauribile desiderio di sperimentare, Raffaele Mantegna si rivolge ora alle Lamiere e ai Monocromi.

Le prime sono sculture dipinte, caratterizzate da ampie distese di fine lamiera piegata secondo angoli imprevedibili e solcata da guizzi di luce che colpiscono le parti più sporgenti contrapposte, in serrato dialogo, con le vibranti ombre che si celano nelle piegature. I colori, uniformi e decisi, si offrono in tutta la loro lucentezza e le superfici sono solcate da veloci segni, testimoni di una gestualità inquieta e fremente. Più che rispondere a un progetto predeterminato, le opere sembrano sgorgare da una sorgente di inusitata creatività e prendere forma di momento in momento, secondo le suggestioni e gli impulsi che il materiale stesso suggerisce. Sembrerebbe, dunque, predominare la casualità se non ci si accorgesse che esiste, invece, un attento controllo della forma e delle sue articolazioni. Un controllo che non avviene in fase progettuale, ma al termine del flusso creativo: l’artista segue con impeto la sua mano intelligente, finché non decide di porre termine alle sue invenzioni; a quel punto osserva, corregge, modifica entrando anche nei dettagli più minuti per dare equilibrio ad ogni parte. Eccolo, allora, intervenire con lievi colpi di pennello, raffinate smerlature, impercettibili piegature dei bordi. Gli interessa provare rapporti sempre diversi con lo spazio, occupandolo con forme ineguali, asimmetriche, cariche di scattante dinamismo. 

Operazione analoga è sviluppata nei Monocromi, dove il colore perde lucentezza e acquista opacità, mentre la superficie pittorica è percorsa da continui fremiti e imponderabili corrugamenti e increspature, come se fosse sottoposta al perenne fluire di un magma che si concreziona secondo improvvisi ritmi e cesure. La materia sembra pulsare di vitalità interiore, in totale autonomia, libera da qualsiasi condizionamento. Alle scattanti superfici delle Lamiere si sostituiscono opere di profondo plasticismo e l’uniformità della composizione è spezzata dalle cadenze dell’aggettante ritmo compositivo. 

E’ un momento, senz’altro non definitivo, in cui la figura scompare del tutto e l’artista sembra essersi convertito alle composizioni astratte. Invece di cogliere la realtà vuole trasmettere delle sensazioni; non rappresenta oggetti ma cerca di esprimere le tensioni della quotidianità, alla ricerca di quell’equilibrio formale che compensi le amarezze di una società in cui sembrano prevalere le disarmonie e le disuguaglianze.


Aprile 2011 Ilario Luperini

Scopri di più