Elio Nardelli

Negli ultimi anni un problema molto dibattuto dai glottologi è quello della salvaguardia dei dialetti: qualcuno addirittura ha sostenuto che per recuperarli si dovesse farli studiare a scuola poiché essi sono necessari per conservare le identità regionali.

Argomentazioni sacrosante, presupposti validissimi, che purtroppo cozzano con una realtà in continuo movimento quale è quella dei tempi che viviamo.

Per altro, le remore ad opporre argomentazioni antitetiche a queste opinioni nascono innanzitutto dal timore di vedersi aggredire, se pure soltanto a livello intellettuale, da coloro che fingono di non cogliere la fine di un'epoca che, le inesorabili leggi della storia hanno decretato.

Il vero problema non è quello della salvaguardia di una identità regionale o di un'altra, ma dall'attenzione a creare una nuova identità al passo con i tempi che impedisca l'affiorare di culture egemoni.

E' evidente che il problema dei dialetti rimarrà, agli studiosi come fatto storico, poiché di fatto essi hanno già subito delle trasformazioni determinate dalla diffusione dei Mass-Media.

Ciò non esclude il piacere che ognuno di noi prova nell'abbandonarsi al proprio dialetto di origine come veicolo di confidenza, quasi come un mettersi in pantofole. Ma si sa che le pantofole non portano lontano, sono comode in casa, ma scomode fuori, pertanto per uscire è bene attrezzarsi di un buon paio di scarpe.

Tutta questa premessa potrebbe sembrare un puro birignao dettato dall'imbarazzo di inventare una presentazione per un pittore che esordisce a Bari, se occuparsi di un pittore non fosse, a pensarci bene, occuparsi di un linguaggio in cui quest'ultimo si fa portatore o promotore.

Blasi, salentino autentico mite e cortese viene nella città dei mercanti aggressivi e diffidenti, eppure dietro una patina di apparente bizantina indifferenza attentissimi alle cose dell'Arte, giudici spietati della concretezza di una proposta.

Arriva con il suo dialetto artistico fatto di muri bianchi, vecchiette sull'uscio e vicoli assolati, cose semplici di una volta, colori vivaci secondo il cliché della Pugliesità più rotonda, in una città che impetuosamente si batte per allinearsi con linguaggi europei e internazionali, però sempre tentata da questo ritorno al buon tempo antico, alle favole della nonna.

Blasi ci riporta questa favola non tanto remota con sincerità, con maliziosi ammiccamenti: guardiamo le sue opere come chi abituato ai vini D.O.C. ritrova il gusto di un rosso primitivo.

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