Aldo Caserini

SIMONE MORANA (CYLA) UN DIGITAL ARTIST CREMONESE IN GARA COL “SISTEMA”

Si firma Cyla (acronimo di Change Your Life Adventure ? Tradotto potrebbe dire: cambiare la tua avventura di vita), ma all’anagrafe di Cremona, dove è nato nel 1978, è registrato Simone Morana.  Dunque, “cugino” dei lodigiani  per via del Po, del territorio agricolo e per la ridotta distanza tra capoluoghi,  Morana è conosciuto come cantautore, musicista, poeta, pittore, fotografo, digital artist. Pratica un’arte che in Italia non ha ancora attecchito come in altri Paesi, anche se negli ultimi tempi sta conquistando un numero sempre maggiore di artisti, con esiti non banali. Ciò lo obbliga a farsi conoscere attraverso social network, blog, piattaforme e portali vari, oltre naturalmente con presenze sempre più frequenti in gallerie, fiere e premi. Già da questo si può arguire che il cremonese fa parte di quel composito mondo di creativi che l’organizzazione del sistema attuale, aperto ad ogni espressione e sperimentazione, parcheggia in attesa del successo. Al contrario, lui può ritenersi tra coloro che stanno trovando spazio fuori dallo storno locale senza perdere piume, raccogliendo anzi con immediatezza interesse, consenso e simpatia. E’ ormai sulla breccia da qualche anno: come musicista  presente in un pugno di album, ha partecipato a una vecchia selezione di Sanremo; come poeta ha pubblicato una ventina di sillogi su “Scrivere”, mentre come artista visivo ha preso slancio da un quinquennio con mostre personali e collettive a Cremona, Codogno, Mantova, Brescia, Parma, Firenze. Attualmente è presente al Premio Mantov’Art Star 2015. Il “sistema” non impedisce dunque a nessuno di partire, anzi, qualche volta il biglietto glielo1449590516 paga, ma poi si rende poco accessibile a chi voglia usare nuove regole e idee innovative. Il nostro Paese non soffre tanto il complesso di Edipo, bensì di Saturno, il tempo che mangia i suoi bambini. Cyla dimostra di saper resistere e anche di crescere strappando riscontri che non è troppo definire interessanti. Ma  l’arte digitale, anche la migliore, dalle nostre parti è ancora presa con sospetto, qualcuno la definisce addirittura l’arte delle “opere impossibili”. I “tradizionalisti” lanciano spesso su internet “anatemi” contro i divulgatori di sé stessi.
La digital art può essere vista o come una nuova frontiera o come una manifestazione di marketing. Dipende sempre dai gusti, non è così facile decidere da che parte stare. Il problema è che viene spacciata da alcuni come esperienza vera, emotiva, culturale. Danno armi ai detrattori per accusarla di contraffazione, di essere un’ arte comoda, magari noiosa. Il bello dei gusti è che cambiano col passare del tempo e, a parte il sistema nervoso di chi la deplora, l’arte digitale non danneggia quasi niente. Morana, e questo non è brutto, non è uno che si adegua a coloro che difendono a oltranza il “bello tradizionale”. Coltiva immagini iconiche che lo avvicinano, per propensione e stile, al surreale. Scelta impegnativa essendo noto che il surrealismo è stato il movimento più importante di tutto il Novecento, vuoi per gli aderenti, vuoi per le radici da cui derivava. Varrebbe allora la pena di lasciar perdere certe citazioni che possono dare fastidio  e suonare come gonfiature. Più semplice dire che Morana è un creativo intelligente,  che segue un percorso libero, in cui si coglie il generoso sforzo di arrivare a una sintesi tra prospettive d’arte e prospettive di vita. Le sue sono evocazioni di un’arte magica, dove i manichini senza volto risultano fattori di pensiero a livello inconscio, rivelano l’ attitudine all’immaginario,  fanno affiorare moti mentali e figurazioni metafisiche per giungere alla più larga libertà creatrice.

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