William "Piccancino" Frediani

INTERVISTA A VALTER MARITANO di William “Piccancino” Frediani

W.P. - Salve Valter, comincio chiedendole l’impossibile: si descriva in non più di cinque righe.
 V.M. - Sono torinese, ho 50 anni e ho compiuto gli studi artistici nella mia città. Sono da sempre appassionato di fotografia, ma dopo le prime esperienze pittoriche (con lavori informali) e le prime mostre a partire dal 1999, ho abbracciato la pittura figurativa con inserimenti “personali”, usando materiali inusuali e dando vita a quella che definisco “pittura atipica”.
W.P.- In quale campo della pittura figurativa riesce a dar sfogo e a liberare i suoi “inserimenti personali”?
V.M- Il ritratto, senza dubbio. Uno dei miei maestri, il noto illustratore Ugo Spolverato, diceva che il ritratto è il momento in cui mi esprimo al meglio, con tocco personale, cogliendo i soggetti nel loro aspetto più vero trasferendo sulla tela un’impronta che contiene quasi il DNA del personaggio.
W.P.- Ma lei non è solo un ritrattista. La sua produzione è molto variegata…
V.M.- Adoro esplorare. Mi piace il mondo e penso che ogni suo particolare sia degno di essere decostruito e ricostruito artisticamente per comprenderlo a fondo, viverlo, farlo mio e poterlo condividere. Non ho preferenze su cosa rappresentare e tutto, a mio parere, è ricco di aspetti inesplorati, di sentieri nascosti.
W.P.- A quale corrente appartiene? Io - le confido - non riesco a inquadrarla…
 V.M.- Come le ho detto, amo esplorare il mondo. Ne consegue che amo esplorare anche le tecniche e gli stili con cui rappresentarlo. Non ho un linguaggio unico e nemmeno lo voglio. Vivo ogni lavoro (fotografico o pittorico) come un viaggio di quelli in cui non prenoti gli alberghi o le escursioni ma ti lasci trasportare dal vento. Sono convinto che l’avere un progetto da cui partire sia fondamentale ma, allo stesso tempo, sia importante l’essere aperti alle nuove letture per così dire “in corsa” restando fedeli all’idea originaria ma pronti a cavalcare l’onda di un impulso creativo nuovo.
W.P.- A sentirla parlare si direbbe che la sua ricerca è volta al movimento, alla fuga dalla stasi, alla scoperta del nuovo. Lei è decisamente “rock”, lo sa? Si emoziona mentre crea?
 V.M.- I miei lavori rispecchiano la passione e la forza con cui vengono eseguiti e mantengono, nonostante diversità espressive, le pulsioni legate alla mia storia. Sono solito dire che l’80% dei miei pensieri è diretto sul quadro che sta nascendo, il restante 30% sul progetto futuro: a chi mi fa notare che la somma è 110 rispondo che anche la matematica può essere “atipica”.