Maria Palladino

VESNA FAIAZZA

Vesna Faiazza comincia ad esprimere la sua innata propensione all’arte fin da giovanissima, quando da bambina inizia a tracciare i primi disegni a matita, raffiguranti principalmente ritratti, ma anche paesaggi e descrizioni grafiche della natura nelle sue diverse stagioni, iniziando quelli che saranno poi i soggetti portanti della sua pittura anche successivamente.

Oggetto di studio e di ricerca principale della pittrice sono infatti il sociale e le relazioni umane: il disvelamento di tutti i meccanismi sottesi a queste relazioni, il portare alla luce ciò che normalmente non viene espresso o non si può esprimere per pudore, ipocrisia, o semplicemente perché taluni meccanismi, essendo insiti e nascosti profondamente nella psiche di ognuno di noi, non hanno facilità ad emergere in superficie.

Protagoniste assolute sono quindi le figure umane, sia maschili che femminili, ritratte in pose e movenze che ne distorcono le sembianze e l’anatomia, rendendole talora simili a manichini metafisici, fulcro di tutto ciò che accade loro intorno, e termine di paragone delle umane debolezze.

Questo smascheramento delle dinamiche comportamentali ed emotive dell’uomo avviene attraverso una scissione e riaggregazione di linea e colore: la linea è, come già descritto, la costruzione primaria che definisce la forma, la quale resta ad ogni modo sempre passibile di “frantumazione” verso una dimensione magmatica astratta e indefinita, e così allo stesso modo il colore. Il colore è comprimario nell’opera di Vesna Faiazza, arriva a chiarire il significato e a convogliare le emozioni, è caratterizzato da tonalità accese, quasi primarie, ricorrenti: rossi, gialli, verdi, azzurri e arancio. Su tutti appaiono campeggiare il giallo e l’arancio, i quali sono poi anche fautori dell’accensione luministica che giunge a squarciare la quasi continuità del racconto, insieme ai “respiri”, gli spazi bianchi che l’incedere ispirato, da scrittura automatica, lascia sulla tela, similmente a una pausa, un riflessivo silenzio in una partitura musicale.

Possiamo definire la pittura dell’autrice “pittura degli opposti”, espressionista essenzialmente, con accenti inoltre metafisici e surrealisti, in questa continua tensione a fare e disfare una trama, cromatica e narrativa, e per il suo stesso gusto di sperimentare continuamente, senza fermarsi all’esercizio di una tecnica particolare, sempre alla ricerca di nuovi linguaggi, pur conservando l’autenticità e la riconoscibilità dello stile. Nelle sue opere, tutte tecniche miste, si mescolano e sovrappongono colori acrilici, olii, pastelli, gessi, carboncino, e l’artista eccelle anche nell’utilizzo degli acquerelli; realizza, oltre ai dipinti, anche collages e monotipi.

Le due opere esposte in mostra descrivono due aspetti dell’amore nelle sue complesse possibili realtà psicologiche: la prima è una trasposizione in chiave contemporanea del mito di Apuleio: l’Amore è intralciato da una figura che rappresenta l’autorità, in questo caso l’autorità genitoriale materna, e vuole trasmetterci il messaggio che il vero amore, quale dovrebbe essere in primis quello madre-figli, implica la necessaria condizione della libertà; la seconda opera, “Il bacio di Giuda”, raffigura l’atto del bacio traditore, in cui si mescolano apparenza e realtà ingannatrice dell’amore, in un gesto che converge nel centro rosso acceso delle labbra.



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