CHIMERA ESTETICA

di Nicola Zinni

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Descrizione

quest'opera è stata copertina di catalogo e di locandina della mostra del 2012 a Pavia contattatemi per avere piu informazioni o altre fotografie senza nessun impegno opera su telaio in legno senza cornice. spedizione in tutta italia pagamenti accettati: bonifico, vaglia, contrassegno, paypal, postepay TESTO CRITICO (estratto) DELLA MOSTRA CHIMERA ESTETICA - PAVIA 2012 “Le Chimere di Nicola Zinni scaturiscono dalla fusione o dalla giustapposizione di elementi diversi, umani e animaleschi, reali e immaginari. E la tecnica sembra volersi conformare al soggetto, in un “non finito” dalla forte impronta grafica, che pare lasciare spazio alle possibili ulteriori evoluzioni della figura, immersa nel continuo moto indotto dalla metamorfosi. Difficile stabilire se ci si trovi di fronte a mutazioni transgeniche o a ibridi favolosi che sfondano i confini del mito per irrompere sulla tela. Si resta in bilico tra futuro e passato, anatomie futuribili e futuristiche che sono al contempo antiche e primordiali, coniugando quel che potrebbe essere e quel che potrebbe essere stato. Si fa strada un richiamo ancestrale in un terreno costellato di riferimenti che più o meno consapevolmente fanno parte di un bagaglio culturale collettivo, che va dalla mitologia greca alle divinità egizie, dallo scontro fra Olimpici e Titani all’immaginario orfico, ai culti misterici che dall’Oriente si fusero con le religioni pagane della classicità mediterranea e occidentale. Non sono immagini aliene alla nostra sensibilità proprio perché provengono dal comune terreno dell’origine. Possiamo non identificarle con esattezza, non cogliere il riferimento esatto che sottende alla singola mutazione, ma ci risultano inconsciamente note, affini per qualche motivo. Il mondo ellenico viene suggerito come ambientazione naturale da elementi come il colonnato che rimanda al tempio, alla spiritualità, all’ascesa, a voler condurre sguardo dell’osservatore ed esseri antropomorfi e bestiali verso il simbolo della divinità. Sono creature che si presentano come archetipi, protagonisti di un passato che non è estinto, ma che nella mente umana si muove potenzialmente come vena sotterranea ed è pronto a riemergere. Corrente di irrazionalismo e ricerca di verità insieme. Il tema dell’origine è centrale, l’attualizzazione e la comprensione dell’archetipo, l’interrogativo sull’esistenza, il grande e mai risolto tema del Bello sono altri spunti di riflessione che emergono enucleando i campi semantici ricorrenti nei titoli delle opere. La sensazione è quella della solitudine, sono figure “incarcerate”, come i titoli stessi suggeriscono, senza che si sveli però se è status subito o imposto dalla loro stessa natura. La diversità spaventa e il deforme non è accettato? Ma, se è così, a non accettare e ad avere paura è chi isola o chi è isolato? La ricchezza e le potenzialità di questi esseri, esplicitata dall’ibridazione dei corpi, dalla fusione di membra d’origine diversa, sembrano condurre inevitabilmente al ripiegamento in sé e su di sé. Le figure si muovono nello spazio introducendoci nel loro universo, sole anche quando si dividono una stessa tela. Non c’è, se non raramente, un rapporto tra i corpi, gli unici slanci percepibili sono quelli verso l’indefinito, verso un Iperuranio dal fascino irresistibile. Le Chimere restano inaccessibili perché in contemplazione, in adorazione di simboli quali la piramide con il vertice rivolto verso il basso, verso cioè la vita materiale. La fuga dalla propria condizione umana si unisce alla pulsione verso l’infinito, in un moto che è dunque negativo e positivo insieme. La staticità quasi metafisica di creature immobili si scontra con il moto incessante della metamorfosi e l’apparenza totemica e così prossima all’imago sacra di alcune figure si inserisce in ambientazioni in cui regna il silenzio. Anche le tele gremite di più personaggi, lontane dal gusto dell’horror vacui, denunciano sete di equilibrio, strutturate in alcuni casi secondo logiche geometrico-simboliche o dettate dalla ricerca prospettica che mette ordine nell’affollarsi di mastodonti, dinosauri e giganti antropomorfi. Il tratto disegna forme toniche, volumetrie precise, protagoniste di un inconsueto taccuino di studi anatomici. Il classicismo della costruzione dei corpi e dello spazio, si scontra dunque, in difficile possibilità di pacificazione, con la bizzarria del soggetto. Il colore a olio, intenso e steso matericamente sulla tela, dona alle figure ancora maggior forza espressiva. Ed ecco così che la ricerca artistica di Nicola Zinni si snoda nell’enigma dell’Essere, fa del mito strumento, attraversa l’inconscio, l’onirico e l’irrazionale, lasciando tracce profonde: non risposte, ma interrogativi.” Anna Rigamonti
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