Silvia - L’errore

di Roberta Mello Teggia

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Descrizione

Com’era potuto succedere? Eppure, se ora si trovava lì, a guardare dalla finestra di quella camera d’albergo, era tutto vero... 

Come aveva potuto commettere quell’errore?

Mauro, il Milanese come lo avevano soprannominato le sue amiche, quando mesi prima aveva parlato loro di lui... Mauro veniva a Savona solo due volte al mese, per lavoro. Un weekend ogni due settimane ed al lunedì tornava a Milano.

Si erano incontrati per caso; ad entrambi piaceva passeggiare sul lungomare all’alba, quando tanti dormivano ancora e si sentiva solo il rumore delle onde ed i garriti striduli dei gabbiani. La prima volta si erano solo passati accanto, il giorno dopo invece si erano riconosciuti, sorrisi e salutati con un cenno.

Il lunedì lui era tornato a Milano e Silvia si era dimenticata di quegli incontri. Due settimane più tardi un nuovo incontro di sguardi e sorrisi e subito, in entrambi, la speranza di rivedersi il giorno dopo alla stessa ora.

“Se lo rivedo, domani, trovo il modo di parlargli” pensò Silvia sabato sera. E la mattina dopo non era stato difficile, come se anche Mauro, la sera prima, avesse preso la stessa decisione.

E poi avevano iniziato a vedersi anche alla sera, quando lui era lì. Le amiche erano curiose, ma Silvia aveva smesso di parlarne con loro, come se il Milanese fosse sparito. Più si sentiva coinvolta e più voleva evitare un confronto con loro. Temeva le chiedessero come mai lui non le voleva lasciare un numero di telefono o cosa sapeva della sua vita a Milano. Quelle domande preferiva evitarle...

E via così, due settimane di buio ogni due giorni di sole; giorni in cui cacciava via i suoi dubbi, perché lui la faceva sentire sicura dei suoi sentimenti e del loro legame.

Perciò, quando quel sabato le aveva chiesto se dopo la cena le andava di salire in camera con lui, non aveva esitato nemmeno un attimo.

In quelle settimane d’attesa il suo corpo aveva già fantasticato per ore immaginando i momenti che avrebbe potuto vivere nel contatto con la pelle abbronzata di lui.

Erano saliti e, mentre lui era in bagno, lei aveva iniziato a scoprire quel suo corpo carico di desidero. Lui era uscito con la camicia sbottonata e lei ne aveva approfittato per infilarci sotto le sue mani. Mauro l’aveva fatta sedere sul letto, e con uno espressione che a Silvia era parsa strana, le aveva accarezzato il viso ed aveva iniziato a parlare. “Silvia, io con te voglio essere onesto. Sto benissimo quando stiamo insieme, non saprei più rinunciare ai nostri momenti insieme, però...”

Silvia, ancora inconsapevole del perché, aveva guardato i suoi vestiti poggiati sulla sedia, col desiderio di averli ancora indosso. D’istinto aveva afferrato il lenzuolo per avvolgerselo attorno a quel corpo scoperto, come per proteggersi da quel che sarebbe seguito a quel “però...”

Lui alzò lo sguardo e riprese: “ erò a Milano ho una famiglia, cioè, ho una moglie ed un figlio...lavoro nell’azienda di mio suocero. Hanno qui due strutture, per questo vengo regolarmente a Savona.”

Silvia si era raggomitolata nel lenzuolo, avrebbe voluto coprirsi anche la testa, sparire, fuggire da quegli ultimi minuti, tornare a prima di quel “voglio essere onesto...”

Onesto? Non era fuori tempo massimo per essere onesto? Come poteva pensare che il suo comportamento potesse essere considerato corretto? 

Stava cercando la forza per alzarsi, vestirsi e scappare via. Ce l’aveva più con sé stessa che con lui, perché in fondo lo sapeva. Aveva in mano da tempo tutti i pezzi del puzzle, ma aveva preferito sognare un’immagine che la faceva star bene invece che comporre quella reale.

Alzando gli occhi si accorse che lui si stava spogliando; il respiro le si era bloccato, ma lo aveva lasciato avvicinare rimanendo immobile. Lui le aveva preso il viso tra le mani e l’aveva guardata con aria implorante.

“Ti prego, non farmi vivere senza di te!” aveva infine detto.

Silvia sapeva benissimo quello che avrebbe dovuto fare...


Erano le 7 di domenica ed era sola; per la prima volta in tanti anni, si era persa la sua passeggiata mattutina sul lungomare. 

Tra poco si sarebbe rivestita e sarebbe tornata a casa per le due settimane di buio. Il tempo per trovare la forza per non ripresentarsi al ritorno del sole e poi cercare di ritrovare il rispetto per sé stessa. 

Sul comodino vicino al letto un bigliettino.

“È stato fantastico! Ci vediamo Sabato, domani alle 8 devo essere a Milano e nel tardo pomeriggio dovrò partire.”

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