Giannino Cascardo

Si può discutere senza soste per tanto tempo sulla priorità della nascita di pittura e scultura, su quale per prima abbia sollecitato l'inventiva umana e tutt'al più si potrebbe sostenere, dando credito alla leggenda cristiana della creazione del primo uomo, che ad avere la precedenza sia stata la scultura; Dina Isacchi, che persegue entrambe le arti, rovescia quest'ordine e percor­re i sentieri del sapere artistico dapprima (ma solo per scuola) studiando l'ambiente destinato ad accogliere l'uomo (architettura), quindi esprimen­dosi solo con le due dimensioni ed approdando infine alla creta; il che do­vrebbe apparire regolare, se non normale per il forte impegno, visto che buona parte degli artisti che hanno fatto le stesse esperienze hanno general­mente seguito lo stesso ordine.

Solo un particolare, peraltro a mio parere essenziale, che é da attribuirsi all'iter della Isacchi; in realtà Dina non ha mai dipinto per dipingere ma solo e unicamente ha considerato quest'arte il trait d'union fra l'impulso a siste­mare volumi in uno spazio e la relativa realizzazione. Eppure per lei non c'é mai stato un preciso momento di passaggio, una visibile frattura tra pittura e scultura proprio perché la corposità e la plasticità dei suoi soggetti pittorici erano da sempre l'annuncio, il sintomo dell'altro vero, grande amore; infat­ti l'artista da sempre ha interpretato i suoi personaggi, e in genere tutti i suoi soggetti, in termini di disegno soprattutto, accentuando la prevalenza di profondità e volumi sul fattore cromatico.

Tutto ciò non significa però assenza di talenti nel campo della pittura: più volte le é stato aggiudicato il merito di equilibrate intuizioni e soluzioni di colore; anzi io assegnerei a Dina un più ampio riconoscimento delle sue do­ti riconoscendole eclettismo e sensibilità, capacità di rinnovarsi e coordi­nare, secondo un metro scelto di cultura, le arti cui si dedica sempre con im­pegno e coerenza.

Infatti sia in pittura che scultura lei riesce a dare il giusto ritmo, a richiamare con precisa scansione gli elementi e gli spazi, ordinandone l'apparizione, sottolineando poi l'importanza ora dell'uno ora dell'altro, dotando frequen­temente di grandi tensioni e movimento tutta una scena; si vedano ad esempio dipinti che ritraggono corse di cavalli oppure, in scultura, quelle fi­gure protese verso l'alto, personaggi che tentano di sfuggire alla materialità per tendere ad un più gratificante mondo etereo. L'umanità e la genuinità di Dina Isacchi si rivelano proprio nel momento in cui l'artista interpreta il sogno mai cancellato dalla mente e ricordo dell'uomo: quello di staccarsi dai fatti per abbandonarsi, immergersi nella pura spiritualità.

Dal che quindi il bisogno, la necessità di sfrondare i soggetti, renderli per stilizzazione, carpirne l'interiorità, l'anima, prima ancora delle pure forme esteriori.

Io ritengo che Dina abbia il subconscio desiderio di creare un'ambientazio­ne attorno a questi personaggi (non più quindi semplici soggetti) ed è forse per questo motivo che distribuisce per casa le sue realizzazioni in terracot­ta, le colloca in posizioni tali che siano comunque accessibili, anche al tatto, ad ogni occasionale fruitore; queste sculture vivono in un ambiente vivo, quotidianamente occupato da persone, ricevono luce e, per le differenti an­golazioni con cui vengono impegnate dalla luminosità, assumono atteggia­menti sempre nuovi, comunque sempre euritmici in quanto sono rispettate proporzioni, vuoti e pieni, alti e bassi.

Voglio rivivere un'emozione molto attenuata ma mai spenta; chiedo a Dina di visitare, assieme a lei, la fornace dove modella e fa cuocere le sue creazio­ni in terrecotte perché da bambino frequentavo la fornace di miei zii, vasai per tradizione artigianale locale e abili modellatori di crete. S'entra nell'an­tro, fuori nevica, dentro tolto il cappotto infastidisce anche il pullover; il piccolo capannone racchiude in un alone di mistero creature e cose aggre­gate con elementi semplici e primordiali: terra, acqua e fuoco; eppure sono vive, attuali come una "Vermicino", che la Isacchi mi mostra per una delle sue ultime cotture, e di fronte alla quale mi sento un palpito sempre più fre­quente che mi sale in gola, una stretta violenta in petto: la statuetta è una tensione unica con tutte quelle mani, tante mani, piccole, grandi, protese, pronte ad afferrare ed io interpreto che sono l'espressione delle volontà all'unisono di un intero Paese che freme impotente perché più in basso, giù in fondo a quel maledetto budello di terra, agonizza un piccolo essere, tutto rattrappito, che nessuno è capace di strappare al freddo, ma soprattutto per­ché condivide la paura, l'angoscia di questa cara creatura.

Giro la testa per non ricordare, come forse fanno molti altri e mi si fa incon­tro "il Riva", alchimista e padrone degli elementi di cui si parlava. Scultore e maestro, esperienza profonda, che si arrende solo di fronte ai tradimenti delle crete che si afflosciano dopo essere state modellate e, se ar­mate internamente, si rompono tutte durante la cottura. Egli spiega che la porta del forno é murata, la cottura, pardon l'alchimia, é in corso e ci vorran­no due giorni prima di gioire dei risultati o imprecare per le crepe che seguo­no gli invisibili sentieri di calore in altorilievi, formelle o statue.

Dina é di casa, fa da interprete quando necessario e mi spiega tra l'altro che sta sperimentando la policromia con la terracotta ma incontra forti difficoltà perché il colore passato al fuoco é carogna ed esce dalla cottura come gli pa­re e piace: ad esempio il rosso si brucia tutto, altri cambiano tonalità....... Io sono certo che Dina Isacchi sarà capace di risolvere con brillanti risultati anche questo problema perché é veramente appassionata della sua arte: senti, senza falsa retorica, che veramente questa é per lei uno dei motivi principali di vita.

Lei, che é capace di entusiasmarsi per cose di importanza marginale come gli origàmi di carta giapponesi, che tuttavia richiamano lontanamente la sua arte, ne sono convinto non troverà difficoltà anche in un prossimo futuro a dare una risposta ampia e completa ai quesiti tecnici di ordine plastico e di cromatica che le si pongono davanti oggi.

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