Dott.ssa B.S.Aliberti Borromeo, Specialista in storia delle religioni e filosofia teoretica.

    • Roberto Mendicino:  la luce e il colore diviso (Il SudOnline, 3 aprile 2015).

    • Artista cosentino, il nome di Roberto Mendicino evoca immagini straordinarie legate alla tecnica del puntinismo, che rappresenta un universo tra i più appassionanti dell’estetica figurativa i cui esiti non hanno nulla da invidiare alla ricchezza espressiva raggiunta dal disegno tradizionale.
      Pittore dal gusto spiccato per l’analisi e la resa pittorica della luce, la purezza formale delle sue opere, eseguite con tale tecnica, quali i numerosi ritratti, esprimono una visione distaccata, che si riuniscono in un’armonia sfumata nei numerosi puntini neri che vanno a ripercorrere, con delicata precisione,i segni di un precedente disegno. Nell’opera “Villaggio a Nord”, Mendicino unisce delle sfumature di acquerello per dare respiro e freschezza al dipinto: si tratta di una tecnica precisa,  scientifica costituita da riflessione e continuità dove luce e colore si fondono in perfetta simbiosi.
       La sua tecnica evolve verso una maggiore libertà, nei dipinti ad olio, quali “Maschera nel deserto” “ Le volpi” “Il deserto”: qui il tocco si espande ed il colore viene rafforzato tanto che le opere guadagnano in forza e semplicità; le opere sono ammantate di atmosfere magiche dove i personaggi vengono immersi nella quiete del paesaggio trasmettendo la percezione lirica della natura .
      Una nota particolare è da rivolgere all’opera “Madonna di Porto” dove si celebra la bellezza del volto materno di Maria che trasmette amore vivificante , dove l’artista raggiunge un equilibrio spirituale e un perfetto ordine intellettuale nell’esecuzione del medesimo.
      Già insignito di meritevoli e numerosi riconoscimenti, Roberto Mendicino va ad arricchire il nostro patrimonio artistico con le sue emozionanti opere avvolte da profonde simbologie e vibranti di poesia.

      "Attesa", olio su tela, 60x80, 2015.
      L’ultimo dipinto del cosentino Roberto Mendicino. (Il SudOnline, 21 giugno 2015).

      Lo scorso 13 giugno Roberto Mendicino ha presentato la sua ultima opera “Attesa”. L’autore, già noto alla nostra critica, oltre a dimostrare un crescendo tecnico-artistico, traspone su tela sensazioni, emozioni, inquietudini del nostro tempo.
      L’artista cosentino ammanta il dipinto di una tonalità azzurrognola che dimostra la perfetta serenità del suo essere uomo nell’attesa del divenire, del compiersi  il tutto: fermo, immobile nella grandezza del creato che lo circonda Le pennellate decise trasmettono forza e semplicità allo stesso tempo dove i personaggi, apparentemente passivi, poiché immersi nel paesaggio, diventano protagonisti della vita circondati dal deserto dell’indifferenza: un urlo nel deserto di piccoli uomini contro le ingiustizie e le violenze della vita.
      Da notare anche il chiaro contenuto escatologico, l’opera raffigura la pochezza dell’uomo davanti alla potenza dell’universo dominato da una forza sovrannaturale; l’ essere piccola cosa nella vastità del mondo, va inteso anche come essere soggetto attivo di un’economia salvifica voluta da una mente superiore, quindi forza proveniente dalla fede, che pone l’uomo di Mendicino all’ascolto della volontà divina.
      Opera che sta riscuotendo numerose critiche va ad arricchire di contenuti filosofici e poetici il nostro patrimonio artistico pittorico.

      "Pier delle Vigne", olio su tela, 70x100, 2015.
      Presentata l’ultima opera di Roberto Mendicino in occasione dei 750 anni dalla nascita di Dante (Il SudOnline, 25 febbraio 2016).

       Imprigionato nel “gran pruno”, l’arbusto che racchiude l’anima dei suicidi, Pier della Vigna,prende vita non solo attraverso il dialogo dantesco ma ancor di più tra le dirette, decise, vigorose pennellate di Roberto Mendicino. Un evento straordinario: una pianta che parla! Nella tradizione classica si riscontrano svariati esempi di esseri umani trasformati in piante, Metamorfosi di Ovidio, il Polidoro di Virgilio ma l’episodio terrificante raffigurato dall’artista cosentino, si svolge in un ambiente straniato nel deserto dell’indifferenza: il tronco incarcera l’anima, ne diventa corpo e continua a vivere in esso come per magia, perfetta connessione tra anima e pianta che l’artista traspone in un unicum indissolubile, in un intreccio tra presente e passato dove nel passato si esprime la transitorietà della condizione umana e nel presente l’eternità di quella vegetale con i suoi dolori e le sue lacerazioni.
      L’onore, la lealtà, l’invidia, l’indifferenza sono tematiche ricorrenti nella pittura di Mendicino e anche questo dipinto pone in luce un uomo che, a causa dell’invidia e della calunnia degli avversari, si suicida pur essendo portatore di alti valori morali tra cui la fedeltà curiale e l’orgoglio intellettuale, pertanto merita incondizionata ammirazione e riscatto sociale, ma l’espressione che l’artista mette sul volto di Dante e Virgilio posti sopra la voragine infernale fa risaltare il chiaro intento del pittore di trasporre come il peccato contro se stessi sia una forma di cristallizzazione di un momento della vita che continua nell’aldilà e che Mendicino fissa con abilità e maturità artistica le suddette forme emblematiche anche se talora volutamente paradossali visto il contesto dantesco.


      "Vergine Sposa col Bambino", olio su tela, 60x80, 2016.
      Vergine sposa: il dipinto di Roberto Mendicino apre le porte ad un possibile nuovo culto mariano. (Il SudOnline, 6 giugno 2016)

      Opera significativa e allo stesso tempo rivoluzionaria, “Vergine Sposa” presenta il raggiungimento artistico del Mendicino sia dal punto di vista tecnico che maturità spirituale trasmessa su tela. La donna in abiti nuziali presenta una composta e remota bellezza tipica delle spose anni 50, arricchita da una morbida acconciatura  che mette in luce il volto sereno ; la sua figura domina completamente la scena  desertica, senza elementi decorativi solo 12 figure indefinite la circondano e l edificio sullo sfondo appare avvolto in un manto di luce.
      Vergine sposa, quindi Maria madre del figlio di Dio, prediletta dal Padre e tempio dello Spirito Santo, sono raffigurati in quest’opera, dove l’autore ha volutamente trasmettere l’accresciuta conoscenza della missione di Maria che si tramuta in gioiosa venerazione e in adorante rispetto per il sapiente disegno di Dio, il quale ha collocato nella sua famiglia la Chiesa intesa come focolare domestico presente sullo sfondo, la figura della sposa che in spirito di servizio veglia su essa e protegge strettamente il bambino vestito di rosso simbolo del martirio, ma allo stesso tempo proiettata nel paesaggio desertico, metafisico che simboleggia l’indifferenza e l’aridità della società del nostro tempo. Le 12 figure femminili indefinite attorno alla sposa vogliono raffigurare le 12 stelle di Maria simbolo di perfezione poiché  tre,quindi  Trinità ,moltiplicato quattro, che indica l’umanità, presentano un risultato di perfetto connubio tra umano e divino e la Vergine Maria le mediatrice di esso.
      Tecnica decisa, giochi di luce richiamano i cubisti con la differenza che  Mendicino anima il proprio dipinto con la grande passionalità negli sguardi dei suoi personaggi trasmettendo al pubblico serenità e profonda riflessione.
      Da notare come la sensibilità dell’autore e la devozione al culto mariano prendono forma quasi come voler creare un ulteriore culto proprio dedicato alla Vergine Sposa, cosa fattibile in quanto per il suo carattere ecclesiale, nel culto della Vergine si rispecchiano le preoccupazioni della Chiesa stessa, in esempio l’ansia per la ricomposizione dell’unità dei cristiani cattolici, ortodossi e fratelli separati, i quali attraverso il culto della beata Vergine  glorificano Dio con preghiere di alto lirismo.
      Un dipinto, quindi che presenta il triplice significato sponsale della Vergine: teologico quale sposa di Dio, spirituale –devozionale poiché sposa dello Spirito Santo che discende su di lei non come forza generatrice ma forza creatrice,sposa in senso umano vero e proprio come moglie di Giuseppe;  a sua volta l’espressione dolce e materna conferitale dal l’artista casentino spinge i credenti e non a rivolgersi con filiale fiducia a colei che con umiltà schietta, obbedienza generosa dimostra le più grandi virtù evangeliche.

      "I deserti dell'anima", olio su tela, 80x80, 2017.
      I deserti dell’anima: Roberto Mendicino verità tra surrealismo e metafisica (Il SudOnline, 9 marzo 2017).

      I deserti dell’anima, ultimo dipinto di Roberto Mendicino, rappresentano la grande maturità artistica dell’autore. Tra surrealismo e metafisica, immerso nella vastità del creato, la figura centrale, piccola cosa a raffronto del paesaggio, vuole sottolineare la pochezza dell’uomo davanti al creato, un misticismo del senza speranza dove la coscienza dell’assurdità umana si pone tra reale e immaginario, comunicabile e incomunicabile, presente e futuro . Un’analisi determinante è dimostrata dai colori blu, arancio, bianco che mettono maggiormente a rilievo le inquietudini di un mondo circostante dove l’uomo solo deve affrontare le problematiche attraverso la quotidianità. Una raffigurazione del meraviglioso, della enormità circostante e la presa a coscienza di una società fredda, apatica che provocano deserti interiori fino ai limiti dell’essere.



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